Recensione: Let’s Start A War [Reissue]
Se c’è un personaggio che si porta da un quarto di secolo stampata addosso l’etichetta ‘underground’, è senza dubbio Paul Speckmann. Figura carismatica che va collocata nell’ambito death metal, nel periodo in cui muovevano i primi passi Death, Morbid Angel e Autopsy. La stessa parola underground rappresenta di per sé la grande differenza tra i suoi Master e le band menzionate, perché Speckmann è sempre rimasto nell’ombra per tramandare il suo messaggio senza compromessi, tradotto in musica da uno stile marcio, rozzo, che con gli anni ha fatto proseliti un po’ dappertutto – e non solo negli ambienti sotterranei.
Altro elemento che non ha contribuito – a mio avviso – all’esplosione dei Master, sono stati i troppi cambi di line-up. Praticamente nei quattro album che hanno preceduto “Let’s Start A War” troviamo differenti formazioni, e l’album stesso arriva in un periodo di rivoluzione in casa Speckmann, che lascia la natìa America – in disaccordo totale con la politica di Bush, soprattutto per quello che riguarda le guerre e la ‘falsa’ libertà che l’America stessa illude di offrire, – approdando in Europa, e dimorando in Repubblica Ceca. Per questa nuova avventura ad entrare in line-up sono il chitarrista Ronald Reagan e il batterista Harry Truman (proprio colui che fece sganciare la prima bomba atomica), nomi evocativi e provocatori che ben rappresentano il pensiero del leader. Naturalmente dietro questi nick-name si celano rispettivamente Petr Krystof e Libor Lebanek, con i quali Speckmann stava già dividendo i ‘side-project’ Krabathor e Martyr.
Questa ristampa da parte della Grindhouse Music aggiunge all’originale “Let’s Start A War”- uscito nel 2002 per la tedesca System Shock – i tre brani dell’EP “Follow Your Saviour”, che ne anticipava l’uscita di un anno, per l’etichetta slovacca Metal Age Productions, che già aveva prodotto Krabathor e Martyr. Il titolo mette ben in chiaro il soggetto scelto per questo nuovo capitolo della saga Master ed è il lato più importante del lavoro, mentre a livello compositivo non aspettatevi troppo, poiché il trend intrapreso da Speckmann rispecchia i modelli presi in prestito da Motörhead, Black Sabbath e soprattutto dagli scozzesi The Exploited, dai quali prende in prestito anche il titolo dell’album “Let’s Start A War (Said Maggie One Day)” del 1983. Ma non date mai nulla per scontato, perché il Re dell’underground riesce spesso a sorprenderci con delle piccole intuizioni che fanno risaltare la musica e il messaggio dei Master.
L’opener “Cast One Vote” mette in chiaro la decisione di lasciare l’America: «through colored glasses most Europeans see, the rich and prosperous land of the free, for years I walked the Chicago streets, strengthening my reasons to leave». Così come l’eloquente “American Freedom”, che non solo tira dritta a mille con riff in stampo old-death metal, ma sul finale in slow-tempo prima s’incastrano le parole: «lifes like a virus, a spreading diseases, controlling madness, is my speciality» e poi degli scambi tra il riff di basso e batteria con gli assoli della chitarra su una sezione quasi ambient. “Miss Misery” è il brano che non ti aspetti, una cover dei Nazareth resa in perfetto stile Master dalla graffiante voce di Speckmann e la sua semplice struttura in forma-canzone fatta da tre soli accordi: il ritornello necessita di un solo ascolto per stamparsi a fuoco nella vostra memoria. “Dictators” riporta alla memoria “The Wall” di watersiana memoria, solo che anziché essere nei panni del dittatore Bob Geldof, Speckmann personifica colui che dà le direttive per la prossima guerra, e le regole per tutti, decidendo altresì anche le sorti di ognuno: «I am the law, I rule this place, I am the law, I will dictate the way you live, I am the light, I am the way, I am the light, I will decide, Who lives or dies today».
Un ritmo punk anticipa il riff thrashy della title-track, sul quale si distendono le parole, in particolare quelle evocative del chorus: «Let’s start a war, power is the key to strength, Let’s start a war, in this world the strong survive». Mentre “Protege” inizia con un tamburo a mo’ di marcia militare e poi si alternano tempi fast e dimezzati, con una guerra che scoppia sulle parole del ritornello: «Stand up and fighe Three bis no escare, Stand up and fighe bifore Itas zoo late». “Every Dog Has Its Day” e “Command Your Fate” scorrono via come fulmini, caratterizzate entrambe da sprazzi di death metal misto punk. Dulcis in fundo due chicche: “Purchase A New Handgun” che di fatto è una telefonata, sta a voi capirne il contenuto, e la sorpresa del disco, un blues elettrico ‘prima generazione’ che potrebbe essere il nipote di Muddy Waters: “Watch What You Wish For” alterna chorus cantati dal declamatorio Speckmann con i soli di chitarra in tipico blues-style di Ronald Reagan. Mentre “Disturbed” è la giusta conclusione, una sorta di saluto e di tributo a quel death metal primordiale, di cui Speckmann è tra coloro che ne hanno visto la nascita, così come l’unica delle tre bonus track che non rientra nel disco originale – “Follow Your Saviour” – che saluta questa ristampa. A partire dal prossimo “The Spirit Of The West” Speckmann finalmente troverà quella stabilità da sempre mancata nel gruppo, con l’innesto di Alex Nejezchleba alla chitarra e Zdeněk Pradlovský alla batteria, con i quali proseguirà il suo cammino per il decennio seguente.
Per tutti i fan storici della band e del death metal con le maiuscole, ma soprattutto per chi – purtroppo – non ha mai approcciato i Master e uno dei musicisti più coerenti e diretti che ci siano in circolazione, che ha fatto dell’underground la sua vita.
Vittorio “VS” Sabelli
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Tracce:
1. Cast One Vote 2:14
2. American Freedom 3:46
3. Miss Misery 3:22
4. Dictators 4:26
5. Let’s Start A War 3:04
6. Protege 4:18
7. Every Dog Has Its Day 3:25
8. Command Your Fate 3:21
9. Purchase A New Handgun 4:44
10. Watch What You Wish For 4:44
11. Disturbed 2:42
Bonus track:
12. Command Your Fate 3:00
13. Let’s Start A War 3:24
14. Follow Your Saviour 3:37
Durata 50 min.
Formazione:
Paul Speckmann – Voce/Basso
Ronald Reagan – Chitarra
Harry Truman – Batteria