Recensione: Level Ground

Di Fabio Vellata - 9 Aprile 2022 - 8:00
Level Ground
Band: Fortune
Etichetta:
Genere: AOR 
Anno: 2022
Nazione:
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80

Dopo un ottimo come back nel 2019 – a distanza di ben trentaquattro anni dal debutto – si rifanno vivi i fratelli Fortune con la loro omonima band, nome seminale per tutti gli amanti dell’AOR più puro ed incontaminato.

Fedeli ad una linea che non è mai variata nel corso del tempo, i Fortune sono nuovamente protagonisti di un buonissimo album in cui le cadenze ammorbidite con il contorno di ambientazioni passionali e suoni vagamente retrò, caratterizzano con forza l’intero impianto stilistico.
Level Ground”, terzo capitolo discografico in eoni di carriera, accentua l’idea maturata con il precedente “II” di una rinnovata giovinezza del quintetto.
Larry Greene, vocalist dal timbro inconfondibile, comanda con il consueto ardore una scaletta breve ed agile, infarcita di mid-tempo adornati di pathos ed intromissioni strumentali, al solito, di buon gusto. Richard Fortune, chitarrista autodidatta, di strada ne ha fatta parecchia: i suoi solo, disseminati in ogni dove lungo il disco, sono l’elemento di pregio aggiuntivo ad una lista di canzoni sempre facili da ascoltare. Soprattutto scritte con personalità tale da far risaltare quello che è, dopo tutto, una sorta di marchio di fabbrica tutto loro.
Le atmosfere drammatiche, non propriamente aperte, a tratti quasi piovose e malinconiche che si rincorrono, dimostrano come il songwriting della band non perda mai il contatto con la propria essenza originaria. Una continuità temporale che, se da un lato conferisce una sorta di effetto vintage, dall’altro conforta e mette immediatamente di buon umore tutti coloro che hanno apprezzato i Fortune sin dal loro esordio.

Amalgamato in modo da presentarsi come un blocco unico, da assumersi tutto assieme, “Level Ground” vive di ispirazioni avvolgenti, che in alcune fuggevoli pieghe lasciano trasparire con chiarezza l’antica passione per il rock fatto di grande emotività e sentimento.
Dall’iniziale “Silence of Your Heart” sino alla conclusiva “Lunacy of Love” la sensazione che permane è quella di un flusso sonoro continuo, che si dipana attraverso stati d’animo sempre sospesi tra l’onirico e la veracità del rock più sincero. Con un che di suggestivo, dotato del potere di avvolgere come un manto le canzoni, conferendo loro un alone di percettibile calore sentimentale.
Un effetto tutt’altro che sgradevole, dal sapore a tratti quasi meditativo: nulla che non conoscessimo già, che i Fortune non avessero già proposto nei due (tre) album precedenti. Ma pure nella derivazione ascrivibile al solo Greene, chiamata Harlan Cage ed attiva a cavallo tra anni novanta e duemila.

Brani omogenei tra loro che si segnalano per la qualità delle cesellature (ottima ad esempio “I Will Hold You Up” con l’ospitata illustre di Steve Porcaro) e degli arrangiamenti. Vista così, viene da augurarsi che la carriera dei Fortune sia definitivamente decollata e che il tanto, troppo, tempo perso per strada, possa essere recuperato in futuro.
C’è la fantasia, ci sono le idee, c’è un trademark che rappresenta e definisce. Ed il risultato è di nuovo un rock melodico vitale ma di classe, ben fatto, carico di feeling e passione. Con dentro un po’ di Survivor, qualcosa dei Magnum e parecchio di “fatto in casa”.

In fondo nulla di nuovo, persino prevedibile. Ma sempre di livello superiore.

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