Recensione: Liar In Wait

Di Vittorio Sabelli - 30 Gennaio 2014 - 15:13
Liar In Wait
Band: Amon
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2012
Nazione:
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78

 

Amon/Deicide!

La storia narra della band ai primordi con Glen Benton e Steve Asheim alla voce/basso e batteria, che, dopo aver dato alla luce i demo “Feasting The Beast” e “Sacrificial”, rispettivamente datati 1987 e 1989, si fonderà e trasformerà passando alla storia sotto forma della malvagia creatura che porta il nome Deicide. Il nome preso ‘in prestito’ dal brano “Amon” Belongs To “Them”, incluso nell’album “Conspiracy” di King Diamond, ha dato il La per innescare la bomba a orologeria che vedeva i fratelli Hoffman in veste di axe-men. E il loro ruolo all’interno dei Deicide ha messo in evidenza il potenziale della band dando alla luce capolavori immortali risalenti alla prima ondata di death metal floridiano. Dischi come l’omonimo “Deicide”, “Legion” e “Once Upon The Cross” resteranno nella storia del genere assieme ad act del calibro di Morbid Angel, Entombed e Death.

Da allora il sodalizio con il duo Benton/Asheim è andato avanti per 15 anni e sette album in studio (di cui una buona metà tutt’altro che entusiasmanti), finchè il divorzio si è consumato per portare il doppio duo a percorrere strade diverse. Ma mentre i Deicide hanno preso coscienza della separazione reclutando l’ex Cannibal Corpse Jack Owen e altri chitarristi in sostituzione degli Hoffman per proseguire il loro cammino tra alti e bassi, i ‘fratelli’ hanno fatto perdere le proprie tracce in questo lasso di tempo piuttosto lungo.

E proprio quando le speranze sembravano perse ecco rispuntare nuovamente la divinità Amon, sotto nuove vesti, con il batterista Mike Petrac, proveniente dai Leprosy, e il bassista/cantante Jechael a riformare il combo che si ripresenta con questo nuovo “Liar In Wait“ per la sempre più radicata in ambiti oscuri F.D.A.Rekotz, etichetta tedesca avvezza alla (ri)scoperta di ottime band fedeli alla old-school. E sinceramente la curiosità per questo ritorno in pista delle chitarre killer dei ‘due’ è una notizia che gli amanti del death metal dovrebbero accogliere con entusiasmo.

Entrando nel merito del disco “Among Us” è un’ottima partenza e mette in chiaro che gli Amon non sono tornati per dare dimostrazione di qualcosa, ma solo per dare battaglia a chiunque li credeva morti e sepolti. Le ritmiche serrate, i riff da capogiro dei fratelli Hoffman sono ormai collaudati da decenni e non tradiscono le aspettative, scambiandosi dei soli al fulmicotone senza tregua. I nuovi innesti sono senz’altro all’altezza della situazione e si amalgamano al sound in maniera convincente. La seguente “Eye Of The Infinite” è cattiva al punto giusto, anche se a tratti mette in mostra il virtuosismo fazioso che purtroppo tende verso quegli ambiti neomelodici che hanno decretato la fortuna di Y.J.Malmsteen.

Ma niente paura, subito “Lash Thy Tongue And Vomit Lies” rimette in sesto l’andamento del disco con un’ondata di energia pura emessa dal quartetto in piena simbiosi. La title-track “Liar in Wait” è senz’altro un piccolo gioiello che vede la band cimentarsi in un entusiasmante sequenza di riff estremi, tempi dispari e tutto ciò che può esser sinonimo di death metal, mentre “Reaching For Flesh” è una battaglia condotta dai blast di Petrac ed estesa a tutto il combo, che non si tira indietro e riesce a fondere l’aria sotto colpi che vanno a infrangersi contro un solo melodico che finalmente lascia respirare per qualche momento.

Ma solo fin quando la voce di Jenchael toglie nuovamente l’aria, saturandola con un grow cavernicolo e a tratti asfissiante. “Semblance Of Man” ha lo stesso trattamento delle altre, niente pause e niente risparmio di energie, chitarre tirate a mille e drumming possente ma non proprio fantasioso nonostante Petrac sia un dramme di tutto rispetto. “Sentience And Sapience” è un’altro macigno che pesa sotto il riffing degli Hoffman e Jenchael ancora una volta mette in mostra il suo potenziale malvagio.

Il disco non cede, anzi cresce nel finale con i due brani conclusivi, caratterizzati da qualche scorribanda prog. e dall’ormai solita precisione e potenza del combo. “Spat Forth From The Darkness” è avvolta come tutto il disco da un alone sinistro vede qualche break per rifiatare qualche istante, dopodichè via con i soli e gli intermezzi che non lasciano vie d’uscita all’ascoltatore. A tratti sembra di aver di fronte la macchina rodata di Erik Rutan chiamata Hate Eternal, ma con le sembianze caratteristiche dei Deicide. D’altronde dalle loro mani sono nate le gemme che li hanno resi famosi e lo stile dei due axe-men è forgiato per abbattere tutti i muri. E lo fanno in maniera convincente, anche con la conclusiva “Wraith of Gaia”, un ottimo arrivederci che rimette in gioco una band che ha mosso i primi passi nella terra del male..e da quella terra è tornata per continuare a diffondere il proprio credo.

Bentornati Hoffman, bentornati Amon!

Vittorio “versus” Sabelli
 

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