Recensione: Libertad
Il fantasma dei Guns N’ Roses tiene svegli i tantissimi nostalgici ai quali non bastano le esibizioni di un Axl Rose resuscitato un paio di estati fa (ve lo ricordate al Gods Of Metal 2006?), e provano a rifugiarsi nei Velvet Revolver dell’idolo Slash e degli altri ex Duff McKagan e Matt Sorum: esiste davvero un punto di contatto tra l’ingombrante storia e il remunerativo presente?
Lo stile dei Velvet Revolver, diciamocelo, è oltremodo influenzato dal passato del cantante Scott Weiland (ex Stone Temple Pilots) e “solo” parzialmente rifinito dagli altri musicisti: ne esce fuori un ibrido tra il rock & roll stradaiolo dei Guns e il grunge della vecchia fiamma di Scott. Un genere inflazionato che può piacere, per carità, ma ho sempre disdegnato le pietanze che non sanno di carne né di pesce, figuriamoci le “Mari e Monti”, quelle che acquistano il sapore di entrambi…
Sta di fatto che Libertad, l’erede del controverso Contraband, non riesce nell’intento di ricreare un sound esclusivo. Vince la voglia di strafare rincorrendo il singolone mediatico, ma ci sono almeno due dubbi sacrosanti: quanto può essere ritenuto longevo un prodotto che si basa su quattordici brevi canzoncine radiofoniche? Bastano i ritornelli ammiccanti con l’assolo di Slash al seguito per fare di un disco qualsiasi un altro Use Your Illusion? Scordatevelo.
In ogni caso, se provassimo a mettere da parte anche per un solo attimo le (motivate) aspettative per un album firmato da nomi e cognomi così celebri, ci troveremmo di fronte a qualcosa che definirei “accettabile passatempo”, un passatempo che ha i suoi momenti salienti nella prima parte, quando le galoppate di Let It Roll o di Get Out The Door tengono abbastanza alto il livello qualitativo.
Niente male anche quando si tratta di decelerare, qui mi tornano in mente la ballata The Last Fight, e l’ottimo rock n’ blues della ghost track Don’t Drop That Dime; tutto il resto gravita sulle coordinate post grunge e su qualche lodevole spunto alla sei corde di uno dei “capelloni” più famosi del globo. Niente di eclatante, sia ben chiaro.
Il verdetto? Libertad è uno dei tanti, tantissimi esponenti moderni della scena californiana che da l’impressione di essere stato scritto, registrato e pubblicato per compiacere ad un pubblico di giovane età (Just Sixteen), ma che lascia intravedere qualche flebile spiraglio di luce. Dimenticate almeno per ora i Guns N’ Roses, e sappiate che i Velvet Revolver non sono l’unica alternativa disponibile sul mercato: c’è di meglio, di molto meglio.
Gaetano Loffredo
Tracklist:
01.Let It Roll
02.She Mine
03.Get Out The Door
04.She Builds Quick Machines
05.The Last Fight
06.Pills, Demons & Etc.
07.American Man
08.Mary Mary
09.Just Sixteen
10.Can’t Get It Out Of My Head
11.For A Brother
12.Spay
13.Gravedancer
14.Don’t Drop That Dime (hidden track)