Recensione: Lies in Black
Delusi dal trend imperante nel metal “made in USA” (in particolare dal nu-metal), i Resistance si formano per dar vita ad un progetto che già dal nome, vuole dare un chiaro segnale: anche negli States il metallo, quello vero, è vivo e gode di ottima salute.
E così, a dimostrazione di questa loro idea, i cinque impavidi sfornano un disco di esordio veloce (30 minuti scarsi), roccioso, abbastanza melodico da essere memorizzato ma che non concede spazio a nessun svolazzo zuccheroso e a nessun inserto tastieristico/sinfonico. Sei brani (più due intro) all’insegna di un heavy metal classicissimo, che prende a piene mani la ruvidezza del thrash americano degli anni ottanta/novanta (mi vengono in mente in qualche modo i Metallica, gli Anthrax o i Pantera) e la melodia da metal europeo più puro ed intransigente. Purtroppo però a tanto impegno e passione non corrisponde un risultato eccezionale. I brani sono piacevoli e si muovono bene tra sonorità oldies, spessi muri sonori e inserti melodici, ma manca un po’ la capacità dei “maestri” di stupire e colpire il bersaglio grosso. C’è del buono comunque.
Ad aprire il disco è uno stonatissimo inno americano a cui segue come un treno in corsa War Paint, brano roccioso, dal forte impatto e che in fin dei conti risulta tra i più riusciti e ruffiani (in senso positivo). Una specie di mix tra l’US Power e i “soliti” Judas Priest. A seguire, senza troppe sorprese, trovano spazio canzoni come la title track, capace di contrapporre una partenza che ricorda un po’ i Sepultura del periodo Chaos/Roots ad uno sviluppo invece più melodico e lineare, o come Wasted Time che cerca di distinguersi con l’alternarsi di passaggi puliti e quasi acustici e buone accelerazioni. Di pregevole fattura i due brani posti in chiusura: Bridge of Nowhere ha un incedere simile all’iniziale War Paint, mentre in Til Dust Return, che riprende l’antico tema dell’intro delicato spazzato via dalle chitarre, ci regala forse i migliori riffs “macinatutto” del lavoro.
Avrei preferito un suono più tagliente per le chitarre in fase di assolo e non mi sarebbe dispiaciuta qualche canzone più lunga e/o complessa, come solo i Metallica o i Megadeth dei bei tempi sapevano regalarci, ma forse sto chiedendo troppo. In fondo non basta mandare indietro l’orologio di vent’anni per proporre certa musica. Tuttavia Lies in Black è un disco che si dimostra ben fatto e pur nella sua brevità e semplicità riesce a mettere in mostra le qualità che questi ragazzi nostalgici hanno. Al prossimo giro però dovranno offrire qualcosa in più per risultare ancora una volta credibili.
Tracklist:
1. Intro
2. War Paint
3. Lies in Black
4. Transgression
5. Wasted Time
6. The Darkness Inside Me
7. Bridge to Nowhere
8. Til Dust Return