Recensione: Life and Death [Reissue 2013]

Di Stefano Ricetti - 20 Luglio 2013 - 0:10
Life and Death [Reissue 2013]
Band: Paul Chain
Etichetta:
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
81

Insieme con i già recensiti Detaching from Satan e In the Darkness, la Minotauro licenzia 500 copie remaster di Life and Death di Paul Chain sotto forma di mini Lp, nel senso che, come per gli altri due, si tratta sempre di un cd fisico con però “il mondo che gli gira intorno” tremendamente in linea con quanto si sarebbe fatto per un vinile. Più in concreto il dischetto ottico è alloggiato all’interno di una ben riuscita bustina in cellophane dai contorni arrotondati su di un lato, vi è poi si un’ulteriore custodia interna per il cd in cartonato con riportato il disegno di un quadro sottotitolato dalla scritta “Domani capiremo ciò che accade oggi” e delle belle foto d’epoca comprendenti tutto l’entourage legato a Paul Chain sul retro. Nell’ordine lo stesso Paul Chain, poi Claud Galley, Sanctis Ghoram, Lu Spitfire, Klaus Rosental, Sylvia Chain, Thomas Hand Chaste, Aldo Polverari e per finire Laura Christ. Il packaging si completa con la classica custodia cartonata esterna, ove fa bella mostra di sé la splendida quanto semplice copertina riportante la foto di un cimitero scattata dallo stesso Chain – per lo scriba una delle più belle ed azzeccate del Metallo Italiano tutto – mentre la back cover è ad appannaggio della tracklist e di alcune note tecniche. La cosa però che “fa più Lp di tutto” è la costina mobile che si può vedere nella foto a corredo della recensione: in pratica una volta riposto il packaging completo all’interno della rastrelliera di casa, l’effetto, rispetto ai Cd tradizionali, è proprio quello di avere un ellepì in miniatura in mezzo a tutti gli altri dalla fattezze usuali in plastica rigida trasparente. Roba da culto, senza dubbio, come già scritto pari pari in un’altra recensione precedente a questa!       

Life and Death, originariamente uscito nel 1989, segue all’Ep Mirror, dello stesso anno, confermando il solo moniker “Paul Chain”,  peraltro già orfano del seguito “Violet Theatre” già a partire dallo split con i Sabotage King of the Dream/Welcome (1987), dall’Ep Ash del 1988 e dal trentatré giri Violet Art of Improvisation.  

A livello concettuale, adottare il solo proprio nome artistico in cima alle numerose release successive a questo Life and Death permette all’ex Death SS di spaziare quanto e come vuole attraverso i meandri della musica, libero da qualsiasi ingombrante – anche se illustre – vincolo passato. Il concetto abbraccia anche la line-up, sempre meno monolitica e quindi più al servizio delle varie ispirazioni del momento. Lui stesso, in una vecchia intervista del 1990 rilasciata per la rivista H/M, definiva Life and Death come “Il coronamento di tutto quello che ho vissuto fino a oggi”.  

Il full length, all’interno della lunga carriera solista di Paul Chain, rappresenta un punto fermo nei confronti delle sonorità più classiche, nonostante il Nostro si guardi bene dallo scimmiottare pedissequamente i Black Sabbath, ma spingendosi oltre. Steel Breath è brano strumentale che si incanala all’interno del filone “argentesco” della concezione horror della musica, scaturito da quel genio tormentato di Aldo Polverari, purtroppo mancato nel 1995, a soli trentacinque anni.  

A seguire Antichrist, 100% Classic Doom a la Paul Chain, con chitarroni monolitici alternati a quella magica nenia fonetica con la quale l’uomo di Pesaro ha fatto scuola. Il Paul Chain più melodico ma pur sempre nerissimo lo si ritrova in Kill Me, certo non ai livelli di allucinazione di King of the Dreams ma in chiave più solare. Ancient Caravan mostra il Nostro in versione menestrello medievale andando a piazzare uno dei picchi di Life and Death, per originalità della proposta mista a sorpresa nell’ascolto. Organo da brivido, per la cronaca, quello suonato da Sylvia Chain. Le sorprese di Life and Death non si esauriscono, però: in My Hills vengono addirittura scomodati gli immensi Led Zeppelin, mettendo in luce una nuova, intrigante angolazione artistica di Paul Chain e soci. Alleluia Song parte con un mood da classico ecclesiastico per poi trasformarsi in episodio di Hard Rock metallizzato velato dalla singolare voce di Sanctis Ghoram, anch’egli scomparso nel 2004. 

Spirit in alcuni passaggi evoca gli Iron Maiden versione Di’Anno per poi regalare un Piero Gori nella sua accezione peculiare, ossia quella voce sussurrata che pare provenire dalla più mefitica delle cripte sotterranee. Altro highlight piazzato grazie ai sette minuti e passa di Cemetery, brano psicotico, nel quale la tensione permane sempre su limiti di guardia con Ghoram sugli scudi, gran lavoro da parte del basso di Claud Galley. Oblivious è il degno finale tanto cimiteriale quanto interlocutorio di un disco affascinante come Life and Death, come a dire ci rivedremo, presto… ah,ah,ah! Il mistero continua…   

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti    

 

Sito Minotauro: http://www.markuee.com/

 

 

Ultimi album di Paul Chain

Band: Paul Chain
Genere: Doom 
Anno: 2015
78