Recensione: Life, Love & Hope

Di Francesco Maraglino - 27 Dicembre 2013 - 6:00
Life, Love & Hope
Band: Boston
Etichetta:
Genere: AOR 
Anno: 2013
Nazione:
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65

 
Nel 1976 i Boston, grazie al loro primo omonimo album, dal successo stellare, sono stati tra i primi gruppi a dare lo start alla nascita ed al trionfo dell’AOR. Canzoni come More Than A Feeling e Peace Of Mind sono rimaste, da quel dì, solidamente incastonate nei cuori degli appassionati di rock melodico (e non solo), e sono ancora trasmesse con frequenza invidiabile dalle radio di classic rock a stelle e strisce. Nel 1978 i Boston diedero un quasi altrettanto formidabile seguito alla propria “opera prima” con Don’t Look Back, ma fu necessario attendere il 1986 per ascoltare il terzo lavoro del combo, quel Third Stage contenente la celeberrima canzone “spaccacuore” Amanda.
Tormentata dal perfezionismo del leader Tom Scholz e dai vorticosi cambi di line-up che hanno via via trasformato, almeno in studio, i Boston in una sorta di one-man-band, e funestata, nel 2007, dalla tragica scomparsa, per suicidio, del vocalist storico Brad Delp, la band non ha prodotto dopo il terzo album lavori degni del formidabile “uno-due” discografico dei Seventies. Sia Walk On del 1994 che, soprattutto, Corporate America del 2002, sono risultati, infatti, alquanto al di sotto delle aspettative.
Ad oltre dieci anni dall’ultima produzione discografica, i Boston si riaffacciano ora sul mercato discografico con un attesissimo nuovo full-length, rilasciato dalla label italiana Frontiers Records, ed intitolato “Life, Love & Hope”.
 
L’apertura del CD, affidata a Heaven on Earth, suscita immediatamente emozioni contrastanti: si viene subito accarezzati da suoni e melodie assai familiari, vicine alle sopra citate hit del primo album, molto gradevoli e rassicuranti, ma che hanno un retrogusto fastidioso. Sembra quasi, infatti, che qui i Boston facciano l’imitazione di se stessi.
Una sensazione simile provoca al recensore anche la successiva Didn’t Mean to Fall in Love, un lentaccio molto soft che ha il pregio di farci riascoltare la splendida voce di Brad Delp, distesa su un tappeto di tastiere a loro volta fregiate, ad un certo punto, dalla chitarra acustica. Si prova ad andare dalle parti di Amanda, è evidente, ed il risultato è certamente gradevole, ma senza raggiungere la capacità di arrivare al cuore dell’ascoltatore propria dello slow più celebre della band (assieme a A Man I’ll Never Be).
Tom Scholz riproduce uno schema celebrato nei suoi primi lavori, inserendo nell’album anche un brano strumentale, il festoso Last Day of School, invero senza infamia e senza lode, ma che ha il pregio di introdurre Sail Away, ballata pomp-rock epica ed evocativa, cantata a due voci da Brad Delp e Kimberley Dahme. Quest’ultima presta la sua ugola anche a If You Were in Love, lento pianistico e suggestivo che però, insieme ad altri brani che vedono alternarsi dietro il microfono vocalist diversi, conferiscono al CD un senso di scarsa omogeneità.
Life, Love, & Hope si staglia tra le tracce migliori del lotto, collocandosi a metà tra gli stilemi dei primi due lavori ed il mood dei Boston meno antichi, come pure Someday, ancora più vivace e differenziata grazie alla presenza dell’armonica e delle voci maschile e femminile e come, ancora, la più soffice Someone (2.0), discutibile reprise dal dimenticabile Corporate America. Tom Scholz, infatti, ha sentito la necessità di rielaborare e ripresentare alcune tracce dal CD del 2002, poco ascoltato in giro anche perché mal distribuito, ed ecco quindi arrivare, dall’album di undici anni fa, oltre alla già citata Didn’t Mean to Fall in Love, pure You Gave Up on Love (2.0), morbidissima ballad elettroacustica che vede cimentarsi ben tre cantanti. 
Ed il mood romantico e melodico contraddistingue pure Love Got Away, resa a tratti maestosa dalle tastiere, e la conclusiva, melliflua The Way You Look Tonight.
 
Nel complesso, Life, Love & Hope scorre via gradevolmente ma senza risultare particolarmente coinvolgente. Pur se in possesso di una buon numero di melodie di qualità, il full-length si presenta disomogeneo nell’ispirazione e poco grintoso nell’esecuzione (molti hanno già osservato che la mancanza di un vero batterista rappresenta un vero e proprio handicap per il “tiro” dell’album), e, probabilmente, sarebbe risultato molto più “in palla”se Tom Scholz avesse dato più spazio alla sua live band, rinvigorita da tanti nuovi innesti e dal rodaggio di fronte al pubblico, piuttosto che fare tutto da solo.
Probabilmente il recensore, che ancora ricorda l’esatto momento in cui, quattordicenne, acquistò il vinile –  oggi gelosamente custodito – di “Boston” nel supermercato Standa vicino casa, sarebbe stato più benevolo se Life, Love & Hope fosse stato lo studio-project di un qualsiasi giovane pluristrumentista innamorato dell’AOR dei dischi del proprio papà. Ma, visto che sulla copertina c’è proprio il glorioso monicker Boston e quel simbolo (l’astronave a forma di chitarra elettrica) tanto kitsch quanto inconfondibile e foriero, ai bei tempi, di musica avvincente, non può nascondere la propria parziale delusione di fronte a questa che appare, per molti versi, un’occasione sprecata.

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