Recensione: Light Up The Dark

Di Fabio Vellata - 15 Maggio 2011 - 0:00
Light Up The Dark
Band: China
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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64

Non proprio un come back memorabile quello messo in pista dai China, talentuosa band svizzera di discreta rinomanza a cavallo tra anni ottanta e novanta, nota per lo stretto legame maturato nel tempo con i conterranei Krokus e per aver fornito un membro ai celebri e sfortunati Gotthard, il bassista Marc Lynn.

Figli di un’epoca musicalmente dorata, in cui le suggestioni provenienti d’oltreoceano non mancavano di affascinare un po’ ovunque – Alpi comprese – i China si resero protagonisti di una carriera non certo ciclopica nei numeri, il cui apice indiscusso fu senza dubbio l’ottimo “Sign In The Sky”, disco – edito nel corso del remoto 1990 – che meglio poté rappresentare il credo artistico del gruppo.
Un cromato hard rock di derivazione statunitense, innervato della consueta sensibilità per cori ariosi e buone melodie, una produzione di gran classe ed energiche sferzate chitarristiche in pieno stile class metal, costituivano la miscela, poco originale ma parecchio efficace, alla base di una proposta destinata ad ottenere consensi notevoli nella natia Svizzera e nella vicina Germania, sino a farsi notare nel prolifico e sempre affollato mercato britannico.

La speranza, nel veder riaffacciarsi sulle scene la band elvetica rimasta a lungo (quasi sedici anni) fuori dai giochi, era, in effetti, quella di poter godere nuovamente di un album che in qualche modo sapesse riannodare il filo della memoria con i momenti migliori sperimentati in passato, rinverdendone ispirazioni ed approccio stilistico. Speranze purtroppo andate in parte disilluse dopo qualche passaggio del recentissimo “Light Up The Dark”, disco che, a dispetto del bene augurante titolo, si presenta come lontano dall’essere illuminato da lampi di genio o scintille d’antico ardore, manifestandosi piuttosto come un esercizio artistico d’ineccepibile bontà formale, cui non fanno seguito un’altrettanta capacità di coinvolgere e suscitare emozioni degne di memoria.

Moderne e compatte nei suoni, dal taglio quasi alternative in alcuni ritornelli, le nuove creazioni del quintetto appaiono, qua e la, addirittura quasi come una realizzazione giunta fuori tempo massimo del grunge tipico dello scorso decennio, o quantomeno, come una di quelle contraddittorie uscite – distintive del periodo – di band disposte ad accodarsi al nuovo stile, nel tentativo di non rimanere soffocate dal cambio di gusto e tendenza dell’epoca.
Cori poco incisivi, atmosfere “chiuse” e linee melodiche che, raramente, riescono nell’intento di restare incollate all’orecchio per più di un paio di passaggi, testimoniano una certa aridità comunicativa, fornendo l’impressione di un prodotto esteriormente curato nei dettagli e suonato con eccellente bravura, ma inefficace a livello di puro, semplice e lineare piacere d’ascolto.

Brani come la title track, “She’s So Hot”, “Girl On My Screen”, “Deadly Sweet”, “Trapped In The City” e “Flesh And Bone” appaiono, uno per l’altro, come episodi destinati a scivolare senza particolare effetti, appiattendosi su armonie talvolta sterili e banali.
Qualche momento di maggior godibilità, è sperimentabile esclusivamente quando il gruppo guidato da Claudio Matteo – unico superstite della formazione originale – par rimembrare la propria provenienza artistica, allineando qualcosa di almeno vagamente simile al passato o, tutt’al più, affine nello spirito all’esuberanza dei fratelli maggiori Krokus.
“Lonely Rider”, “On My Way”, la finalmente gioiosa “Right Here, Right Now” e l’anthemica “Stay”, rendono meno amaro lo sbiadito ricordo di suggestioni che si credevano smarrite, restituendo un pizzico della magia caratteristica di un tempo.

Non abbastanza ogni modo, per decretare questo come back dei China quale album del tutto riuscito. Alti e bassi, qualche momento poco ispirato e finanche noioso, troppo mestiere ed un quantitativo limitato di autentici motivi di soddisfazione, rendono insomma “Light Up The Dark” un disco altalenante e di certo non di primo piano. Non cestinabile, ma ben lungi dal poter ottenere paragoni con i capitoli migliori dell’illustre passato.

Personalmente e forse in controtendenza con molte delle opinioni suscitate sinora, una delusione notevole.

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Tracklist:

01.    Light Up The Dark
02.    Hey Yo
03.    She’s So Hot
04.    Girl On My Screen
05.    Lonely Rider
06.    Gates Of Heaven
07.    On My Way
08.    Stay
09.    Deadly Sweet
10.    Trapped In The City
11.    Right Here, Right Now
12.    Flesh And Bone

Line up:

Claudio Matteo – Chitarre
Eric St. Michael – Voce
Beat Kofmehl – Basso
Billy La Pietra – Batteria
Mack Schildknecht – Chitarre

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