Recensione: Lightbringer
Che la Scandinavia sia da anni la Terra più prolifica in ambito metal, di tutti i generi, è risaputo. Ed è risaputo pure che moltissime bands nordiche recenti e non, abbiano entusiasmato migliaia di fans coi loro dischi, prodotti sempre egregiamente e suonati da musicisti con le palle quadre.
Beh, effettivamente sì, sono moltissime, ma ogni tanto capita pure qualcosa di poco riuscito, come è normale che sia, ci mancherebbe altro.
I RAM possono essere tranquillamente inseriti in questo gruppo. Nati nel 1999, dopo un EP nel 2003, due anni dopo pubblicano il loro debutto sotto l’etichetta Black Path Metal Recordings. Nel giugno di quest’anno esce la loro seconda release, “Lightbringer” appunto, ma sotto contratto con la ben più nota AFM.
Premetto, non ho ascoltato il primo “Forced Entry“, ma l’intenzione della band è chiara: dedicarsi al tradizionale Heavy Metal vecchio stampo, venato di piccoli spruzzi di hard rock ottantiano puro e semplice, molto semplice. Qua e là, in alcune parti delle songs più tirate, ai più attenti, possono pure ricordare i Manowar. Nell’intento di unire furbescamente i vari stili, però non è che siano riusciti totalmente. Canzoni a mio avviso troppo piatte, noiose e senza fascino, alcune molto simili tra loro soprattutto nei riffs e produzione targata Studio Bongo (Goteborg) discreta ma non eccezionale, principalmente nelle parti di batteria. Riusciti i solos, precisi e molto armonici e non male la prova di Oscar Carlquist dietro il microfono, che si evince sia un fan di Dickinson, Halford e Udo, visto il continuo rincorrere le tonalità dei tre Old Monsters.
I RAM con “Lightbringer” puntano a riportare in auge il vecchio Traditional Heavy Metal, del quale si sente poco parlare generalmente, ma per ora si possono accontentare della targa di “Normal Band Heavy Metal”; una band come tante, poco personale e carente a livello di songwriting, che col tempo, viste le potenzialità, forse potrà far parlare (meglio) di sè.
Curiosi i brani meglio riusciti, ovvero “Suomussalmi (The Few Of Iron)” il più lungo con i suoi 9:03, e “Blood God”, il più corto (3:28). Inascoltabile lo strumentale Preludio alla Morte che chiude il disco. Mai titolo fu più azzeccato. Soporifere tutte le altre.
Alex the MetalKeeper Meucci
Tracklist:
1. Crushing The Dwarf Of Ignorance
2. Lightbringer
3. In Victory
4. Awakening the Chimaera * MySpace *
5. Ghost Pilot (MI II) * MySpace *
6. Suomussalmi (The Few Of Iron)
7. Blood God * MySpace *
8. Titan
9. The Elixir
10. Prelude to Death