Recensione: Limbo
Nell’ormai lontano 1997, un gruppo italiano proveniente da Trieste e denominato Rhapsody, ebbe la brillante idea di unire il Power Metal con dei forti richiami alla musica classica, facendo un largo utilizzo di sontuose orchestrazioni volte a creare un sound sinfonico, unico e molto particolare tanto da determinarne la fortuna planetaria in oltre dieci anni di carriera.
Poco dopo la consacrazione dei Rhapsody nel firmamento del panorama Metal mondiale, l’Italia vide un progressivo aumento delle band che, seguendo le orme dei loro ben più noti connazionali, iniziarono – seppur senza molta originalità – ad adottare tali sonorità condite da testi d’ispirazione fantasy
In questi anni, sono tantissimi i gruppi provenienti dal bel paese ad aver concentrato le proprie energie su questo genere musicale, riuscendo talvolta anche a produrre album notevoli ed interessanti (basti pensare a band validissime come Thy Majestie ed Ancient Bards).
A tutte queste nuove realtà non si può sicuramente negare la bravura tecnica e compositiva: ciò che manca davvero è un po’ di personalità, aspetto che spesso non consente di uscire dalla massa uniforme di proposte molto valide, ma un po’ omologate.
Purtroppo anche i bravi Derdian non fanno eccezione: a ben tre anni di distanza dal loro ultimo album in studio (“New Era Pt. 3 – The Apocalypse“, uscito appunto nel 2010, a conclusione della saga iniziata nel 2005 con l’album d’esordio, “New Era“), tornano in questo inizio 2013 dando alle stampe il quarto lavoro, intitolato “Limbo“. Release che, per la prima volta, esce in forma totalmente autonoma e senza alcun supporto da parte di case discografiche.
Il disco in questione si presenta come un classico platter di Symphonic Power Metal, ottimamente suonato e ben prodotto, caratterizzato da una serie di brani sicuramente convincenti, anche se – purtroppo – totalmente privi di originalità ed idee in qualche modo differenti da quanto sperimentato più e più volte in passato.
Nel corso dell’opera, infatti, lo spirito dei conterranei Rhapsody (dal 2006 divenuti Rhapsody Of Fire), è esageratamente presente, tanto da rendere il lavoro piacevole ma forse un po’ scontato. Il classico effetto deja-vu che si sperimenta ogni volta che, ascoltando un brano, si percepisce sin da subito la netta sensazione di sapere come andrà a finire è, insomma, in perenne agguato.
Per capire meglio quanto affermato, è sufficiente prestar orecchio al trittico iniziale, composto dalla breve e classica intro “Carpe Diem“, dall’opener “Dragon’s Life“ e dalla potente “Forever In The Dark“, traccia che sembra proprio rievocare fedelmente l’anima dei primi Rhapsody.
Basterebbe fermarsi qui: agli amanti mai sazi del genere sarebbe più che sufficiente al fine di procurarsi una copia di “Limbo”.
Per gli altri, l’idea di veder riproposta una formula divenuta iper consolidata – per quanto gradevole – potrebbe invece essere valido motivo per rivolgere altrove la propria attenzione.
Il livello generale dell’opera è più che mai valido, va ad ogni modo sottolineato. Nell’album trovano spazio, ad esempio, momenti degni di nota come la melodica e piacevole “Heal My Soul“, seguita a ruota dalla veloce “Light Of Hate“.
Malgrado si senta la mancanza di una volontà determinante nel cercare soluzioni personali, anche il resto del disco si mantiene su livelli qualitativamente alti, come testimoniano “Terror“, la lunga Title Track e la bella “Kingdom Of Your Heart”.
In conclusione “Limbo” può essere senza dubbio considerato come una prova più che meritevole di una band preparata e dotata di ottime individualità.
Purtroppo, nonostante l’elevato tasso tecnico messo in mostra, la quarta uscita realizzata in otto anni di carriera sembra ancora vivere costantemente nell’ombra di chi ha dato un impulso fondamentale per la nascita e lo sviluppo del Symphonic Power Metal e senza il quale, molto probabilmente, i Derdian (e tanti altri), non sarebbero mai esistiti.
La consacrazione definitiva attende solo un pizzico di personalità in più…
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