Recensione: Limitless
Drizzai la testa per veder chi fossi;
e già mai non si videro in fornace
vetri o metalli sì lucenti e rossi,
com’io vidi un che dicea: “S’a voi piace
montare in sù, qui si convien dar volta;
quinci si va chi vuole andar per pace”.
(Dante, Purgatorio XXIV, 136 – 141)
Nella Divina Commedia, l’Angelo della Temperanza appare dinanzi al Sommo Poeta irradiandolo di luce accecante e rossa come (vetro o) metallo. Con le dovute proporzioni, il debut e self-titled “Temperance” (2014) uscito appena un anno fa ha illuminato la scena del metallo italiano, affamato non di giustizia come Dante, ma di buona musica. Un disco nato da un’inaspettata fusione di orizzonti: quelli dei fratelli Giulio e Sandro Capone, di Marco Pastorino (Secret Sphere) e Luca Negro in quanto membri dei Bejelit, e Chiara Tricarico, promettente cantante milanese, classe ’89. Il risultato è un ottimo mix tutto italiano ed abbastanza originale di metal melodico female-fronted (Delain, Amaranthe, Within Temptation per citare le più affini), con chitarre oscure e pesanti, linee melodiche cristalline e moderne sonorità elettroniche.
A nemmeno un anno di distanza dal debut, dopo aver portato la propria musica in giro per il mondo (tanto che è finito in copertina), la band ci riprova col secondogenito “Limitless”. E lo fa nel migliore dei modi: con una campagna promozionale molto all’avanguardia, con un artwork davvero d’impatto ad opera di Gustavo Sazes (Arch Enemy, Amaranthe, James Labrie) e con la produzione (di nuovo) ai prestigiosi Domination Studios di San Marino di Simone Mularoni (DGM).
I Temperance vogliono spiazzare fin da subito, e ci riescono con un inaspettato attacco di voci bianche e pianoforte per la goth-oriented “Oblivion”, che rientra subito nei ranghi con la tastiera elettronica e l’attacco delle chitarre distorte; un pezzo in cui Chiara sfoggia la sua versatilità tra strofa pop-rock e ritornello operistico. Cambio di scena, attacco orientaleggiante per “Amber & Fire”, pezzo più leggero e delicato ma con poco mordente. Alla terza posizione “Limitless” spara il pezzo forte: “Save Me”, finalmente impeccabile nell’intera struttura, dalle tastiere futuristiche al riffing pesante al ritornello catchy, con tanto di incursione aggressiva di Marco Pastorino; la cui presenza al microfono si farà sentire più spesso rispetto al disco precedente.
Dal futuro al passato: voce, pianoforte e tanta melodia per “Stay”, che parte come una ballad per poi appesantirsi, fino alla chiusura in growl. Altra ottima proposta, con un’intro di basso decisamente curiosa, la successiva “Mister White”, dedicata al celebre chimico Walter White, dalla serie televisiva Breaking Bad: il ritornello fa talmente happy metal che sembra di sentire una “Dr.Stein” degli anni ’10.
Ancora si susseguono la pesante “Here and Now” e le più delicata (ma con dei solos molto heavy) “Omega Point”, in cui Marco apre cantando pulito.
“Me Myself and I” è l’apripista del disco, singolo uscito qualche settimana fa su Spotify, iTunes e Youtube. Ottimo il tiro, nel pezzo sono presenti tutti gli stilemi della band: dall’elettronica al ritornello da hit radiofonica, così come nella successiva e forse ancor più riuscita “Side by Side”, con quella doppia cassa che fa tanto power. C’è anche spazio per una power ballad come “Goodbye”.
Ancora tanto Temperance-style un po’ di maniera per la potente e veloce “Burning” e la successiva “Get a Life”, con la Tricarico sugli scudi che riconferma un’ottima versatilità vocale. Chiusura per la titletrack “Limitless”, in cui di nuovo l’alternanza tra le due voci e lo stridio tra orchestrazioni antiche e sound elettronico e moderno la fa da padrona.
“Limitless” è un disco di metal melodico sopra le righe, eterogeneo ma non troppo, convincente sia nel songwriting fresco e moderno che nella produzione; un album forte di numerose scorrazzate tra power metal, chitarre pesanti, linee melodiche catchy ed influenze pop, elettroniche e folk – così come il debut, che tuttavia a mio avviso resta insuperato. Questo secondo lavoro dei Tempercance, infatti, soffre un po’ la fretta di una release troppo ravvicinata dal disco precedente: sul lungo periodo si ha l’impressione che il materiale avesse avuto bisogno di un ulteriore cesellamento per sostituire e perfezionare qualche linea melodica, qualche intuizione ed arrangiamento qua e là. Del resto l’unica figura retorica che può mettere assieme ‘temperanza’ e ‘senza limiti’ è l’ossimoro.
Ciò detto, “Limitless” non mancherà di appassionare chi, come me e presumo molti altri, hanno iniziato e continuano a credere nei Temperance: se il metal ha un qualche futuro all’orizzonte è grazie alla passione ed al grande lavoro di ragazzi come loro, contro una pletora di conservatori immarcescibili dei quali il nostro genere preferito farebbe volentieri a meno.
Non ci resta che augurare ai Temperance di continuare a salire come i fuochi fatui nell’artwork del disco: parafrasando l’Angelo della Temperanza: “Se a voi piace ascendere, è necessario passare di qui!”
Luca “Montsteen” Montini