Recensione: Line In The Sand

Di Daniele D'Adamo - 21 Novembre 2013 - 0:01
Line In The Sand
Etichetta:
Genere: Metalcore 
Anno: 2013
Nazione:
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79

 

Non è detto che i figli dell’hardcore, genere storicamente ribelle per eccellenza assieme al più anziano punk rock, mantengano inalterati nel tempo i loro feroci spunti rivoluzionari. Che, nel corso degli anni, hanno fatto dell’hardcore stesso un veicolo verbale e musicale universale per sovvertire l’ordine precostituito delle cose; ordine fondato sul pedissequo, a volte cieco, rispetto di regole dettate da altri, limitative per ciò della libertà personale del singolo individuo.     

Per dimostrare che l’esser anticonformisti a tutti i costi può non essere l’unica strada per entrare dritti e diretti nel cuore del più duro dei rocker ci sono loro, gli statunitensi Close Your Eyes. Che, con la forza della loro fede, alimentano una proposta musicale dai contenuti testuali tutt’altro che scontati e omologati. Ben lungi dal raccontare di party, ragazze e alcool, i cinque ragazzi Abilene manifestano, nelle loro canzoni, tutto il loro proselitismo verso il cristianesimo.  

Alla stessa maniera degli act che praticano l’‘unblack metal’ (o ‘christian black metal’, che dir si voglia), la tenace attitudine religiosa nei confronti di dogmi consolidatisi da millenni quali fondamenti del ‘bene’ e della ‘luce’ non esime i texani dal picchiare come fabbri. L’hardcore di “Line In The Sand”, terzo full-length di una carriera cominciata nel 2006, è – infatti – assai pungente, aspro e tagliente come da definizione (“Deus Ex Machina”); ricco tuttavia di melodia sì da far pensare al ‘melodic hardcore’ (“Frame And Glass”). Tenuto conto della cospicua componente metallica che forma la lega di fabbricazione del platter, ecco che si giunge alla definizione più calzante per la musica del combo a stelle e strisce: metalcore.

Metalcore dai tratti accattivanti, evidentemente disegnati per compiacere il mercato americano ma non per questo né stucchevoli né banali, né tantomeno scontati. La freschezza compositiva dei Close Your Eyes è genuina e diretta, e pare davvero sgorgare direttamente dal cuore, senza cioè filtri o aggiustamenti per rendere le song ‘perfette’ per il mainstream (“The End”). Mainstream che però non è certo quello dei supermarket o delle televisioni commerciali, ma sempre e comunque riferibile al metal: quando inaspriscono i toni (“Sleeping Giant”), Sam Ryder e soci si allontanano parecchio dalla concezione di ‘musica facile’, corroborando per esempio i passaggi più duri con i riottosi breakdown tipici delle forme *-core o alimentando le linee vocali con brutali growling (“Skeletons”).

Ma è nei momenti ove esplode l’armoniosità, che i Close Your Eyes dimostrano di possedere ‘quel qualcosa in più’ che fa di un lavoro ordinario un’opera da fare propria, da gustare ascolto dopo ascolto. Un’opera peraltro varia e caleidoscopica, distaccata da schemi precotti da ripetere all’infinito senza variazioni sul tema. Strofe e ritornelli, in ogni caso, non sono mai sdolcinati, mai caramellosi; mantenendosi per ciò ben distanti da certe esagerazioni melodiche tipicamente emo(-core). I cori alimentati dalle voci di Ryder, Brett Callaway e Sonny Vega, peraltro, riescono a innescare quella dolce e soffusa emozione di struggente malinconia che, a parere di chi scrive, può essere il valore aggiunto da aggregare ai dettami del metalcore (“No Borders!”, “Trends And Phases”).  
    
Un disco che fa bene al metalcore, “Line In The Sand”, poiché evidenzia che – quando la classe non è acqua – si può volare in alto nel cielo, anche senza inventare un nuovo mezzo di locomozione. E, di talento, i Close Your Eyes ne hanno da vendere. Per trovarlo… al volo, basta ascoltare ad alto volume “Days Of Youth” e “Frame And Glass”… per sognare di attraversare con la mente i pianeti, le stelle e le galassie.  

Daniele “dani66” D’Adamo
 

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