Recensione: Lion Heart

Di Carlo Passa - 17 Ottobre 2020 - 10:45
Lion Heart
Etichetta:
Genere: AOR  Rock 
Anno: 2020
Nazione:
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80

Ormai da 17 anni i Pride of Lions di Jim Peterik ci regalano con una certa regolarità piccoli gioielli di melodic rock. Questo Lion Heart, che giunge a noi tre anni dopo Fearless, non smentisce le aspettative che ragionevolmente il rocker un po’ canuto ripone in chi ha partorito alcune delle pagine più fulgide e famose del genere (una Eye of the Tiger non si scrive certo da sola).
Accompagnato dal fidissimo Toby Hitchcock. il nostro Jim Peterik dimostra ancora una volta le potenzialità di un genere certo profondamente radicato negli anni ottanta, ma non per questo divenuto stantio o vanamente ripetitivo. Va detto che il recensore è affetto da una forma acuta di ottantite, contratta alla fine del decennio d’oro e mai più guarita. Questo per dire che un ritornello come quello (splendido) di We Play For Free, ricca di tastiere che fanno tanto primi Bon Jovi, non può non esaltarlo, così come una Heart Of The Warrior gli fa venir voglia di mullet, Flashdance, spandex e Hulk Hogan. Insomma, un gran godimento retro senza suonare vecchio. Anzi: la penna di Jim Peterik stupisce proprio per dinamicità, cogliendo nel segno laddove il genere dovrebbe maggiormente mostrare il fianco: e questo, signori, è talento.

Grandi anthem come Lion Heart, che è un pezzo davvero notevole, si alternano a momenti tipicamente easy-listening come Carry Me Back (meno banale di quanto sembri a un primo ascolto), malinconici mid-tempo come Sleeping With A Memory, rock tirati quali Good Thing Gone e Give It Away, o cadenzati come Flagship e You’re Not A Prisoner.
Non mancano, naturalmente, le elegantissime ballad, che questa volta si chiamano Now e Unfinished Heart, quest’ultima vera summa del genere nel genere, con quel suo andare in crescendo fino a scaturire nel più classico dei ritornelli.
Un discorso a parte merita, infine, la teatrale Rock & Roll Boomtown, che parte come una ballad intimista per poi trasformarsi in una cavalcata che riporta alla memoria gli Angel: forse, l’apice di originalità del disco.
Sarò prevedibile: Lion Heart è un gran bel prodotto. Certo, non avrei potuto dire altrimenti, ma per fortuna Jim Peterik aiuta il lavoro del recensore con la sua scrittura raffinata, elegante, fresca e tanto d’antan da essere eterna. Rocker di tutto il mondo, ascoltate Lion Heart e unitevi sotto la bandiera accogliente del rock melodico.

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