Recensione: Liquid Tension Experiment

Di Onirica - 15 Marzo 2003 - 0:00
Liquid Tension Experiment
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Anno: 1998
Nazione:
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90

Con questo disco d’esordio nasce il più famoso progetto Made in Dream Theater. Sto parlando di un album che spiazza per la maestria con cui è stato scritto, la musica che trovate qui dentro va oltre la pura tecnica di cui ormai siamo tutti a conoscenza e stupisce con un messaggio espressivo che scopre il lato rimasto nascosto negli anni di carriera di quattro artisti che hanno qui deciso di incontrarsi per settantaquattro minuti di puro e originale progressive metal, quello propriamente detto. Il disco si articola in cinque capitoli principali intervellati dalle componenti che fanno di questo lavoro la conferma di una creatura nata in laboratorio, un esperimento ben riuscito appunto che utilizza un’ampolla fatta di esperienza per mescolare tecnica, velocità, audacia, jam comiche e momenti toccanti. Queste cinque perle di bellezza conservano ovviamente una maggior durata della traccia mentre i pezzi più sperimentali spezzano per così dire la tensione tra un capolavoro e l’altro fino a raggiungere il capolinea Three Minute Warning, 28 minuti e 31 secondi di musica difficile da descrivere ma sicuramente fuori dalla norma, fuori dallo standard seppur sperimentale cui questi quattro ci hanno da sempre abituato nei lavori precedenti.

Si parte con la funambolica Paradigm Shift. John Petrucci sfodera un songwriting capriccioso e maldestro, in perfetto sincronismo con i tasti bianchi e neri di Jordan Rudess, un caloroso feeling che si posiziona al centro della scena sin dalle prime battute e raggiunge l’apice con la scesa in campo delle sezione ritmica di Mike Portnoy e Tony Levin per un’overture da schianto. Così nasce il motivo per cui il nostro grande chitarrista non sia ancora uscito con un disco solista, basti notare l’accuratezza nella stesura dei riff e la ricerca dei soli più disarmanti che Petrucci impegna non solo nel suo gruppo ma anche in side project come questo dei Liquid Tension. In effetti almeno un paio dei brani che trovate qui dentro potrebbero essere benissimo considerati estratti del disco solista di un chitarrista perchè quello che riesce a combinare John è veramente qualcosa di eccezionale, tuttavia questa definizione tende a sminuire il grande monumento quindi sarebbe meglio accantonarla e non pensarci più, anche perchè il disco di John Petrucci contenente la famosa Damage Control suonata al G3 2001 e alla clinic milanese del 13 febbraio 2002 per i fan italiani dovrebbe essere ormai in arrivo.

Con la terza traccia cominciano a farsi più evidenti gli spunti emotivi di una musica studiata a puntino nonostante il breve periodo di stesura e incisione dei pezzi. Kindred Spirits entusiasma con più latte e meno cacao, unendo lenti di chitarra e tastiera a spumeggianti accelerazioni di basso e batteria variando in sfumature miracolose quello che alla fine si rivela lo stesso geniale quanto rabbrividevole e instancabile giro di accordi. Quale migliore occasione per introdurre una delle rappresentanti dell’album, la passione e tutta l’eleganza di Freedom Of Speech: imperniata sul giro di pianoforte iniziale, questa quinta traccia procede con passo solenne e maestosamente controtempo verso la fine, senza disdegnare gli svariati assoli di tastiera che renderanno inconfondibili e non sempre ben accette le scelte sonore adottate da Jordan. Se devo essere sincero però in questa tempesta di note non ho di molto gradito la settima State Grace, non chiedetemi il perchè, la trovo solo eccessivamente dolciastra e fin troppo rinascimentale per i miei gusti, oltre al fatto che nonostante la sua indiscutibile bellezza non ha niente a che fare con ciò che precede o segue.

Un intero paragrafo dedicato alla sintesi dell’intero disco con Universal Mind. Frizzante nel suo esordio, questa regina della musica progressiva e sperimentale si rivela forte di tratti incalzanti e ritmici per spegnersi a metà strada sopra indescrivibili note di pianoforte, subito sostituite da un frammento di basso e batteria che introduce alla conclusione sfavillante riprendendo il motivo principale con maggior enfasi. Gli ultimi secondi racchiudono una sorpresa sbalorditiva che non vi svelo. Spenderei inoltre qualche parolina anche per elogiare un’etichetta che grazie anche alla strumentazione di alta qualità dei quattro musicisti, è riuscita a produrre nel migliore dei modi un album che si estende sopra decine di binari sonori, decine di tracce registrate ed incastonate l’una nell’altra con una limpidezza del suono tutta testimoniata in questo ottavo brano.

Se suonate uno strumento e volete continuare a farlo, non comprate questo classico dello strumentale!

Andrea’Onirica’Perdichizzi

TrackList:

1. Paradigm Shift
2. Osmosis
3. Kindred Spirits
4. The Stretch
5. Freedom Of Speech
6. Chris And Kevin’s Excellent Adventure
7. State Of Grace
8. Universal Mind
9-13. Three Minute Warning

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