Recensione: Live At Maximum Festival
«Gli Yawning Man erano la Desert band più assurda di tutti i tempi. Ti bastava essere lassù, nel deserto, con tutti gli altri a divertirti. Ed apparivano loro, sul loro furgone, tiravano fuori la loro roba e la montavano proprio nell’ora in cui il sole calava, attivavano i generatori, a volte potevano stare semplicemente lì a bere birra. Altre volte era uno spettacolo; altre volte ancora si creava un ambiente intimo. Era tutto molto casuale e rilassato e mentre loro suonavano tutti potevano semplicemente bighellonare in giro. Erano una specie di house band. Non erano attivisti come i Black Flag. Era tutto molto alterato, confuso, era tutto molto mistico. La gente stava lì a sballarsi, e loro continuavano a suonare per ore. Oh, sono la più grande band che abbia mai visto» (Fonte: Wikipedia). Questo è quanto raccontava nel 2002 l’icona del Desert/Stoner Rock Brant Bjork al giornalista Jay Babcock di LA Weekly.
Gli Yawning Man sono da considerarsi a tutti gli effetti i prime mover della scena Desert Rock originatasi tra la seconda metà degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta nella California meridionale, intorno a Palm Desert. Nel 1986 Gary Arce, Mario Lalli, Larry Lalli e Alfredo Hernandez (che sostituirà Brant Bjork alla batteria nei Kyuss dell’ultimo periodo) formano la band, la cui proposta è un Hard Rock strumentale e lisergico che mutua elementi dal Punk, dall’Acid Rock, dal Blues, dalla Psichedelia, dal Folk, dal Jazz e dalla World Music. Nei primi anni di attività il combo inciderà solo un paio di demo e si dedicherà all’attività live, in particolare ai generator party nel deserto, ma si devono attendere vent’anni per la pubblicazione dell’album di esordio “Rock Formations” (2005) a cui segue, nel 2010, “Nomadic Pursuits”.
Quest’ultimo lavoro è seguito da diversi tour, tre dei quali passano dall’Europa tra il 2010 e il 2013. In occasione dell’ultimo gli Yawning Man si esibiscono al Maximum Festival, appuntamento internazionale organizzato dalla Go Down Records all’Altroquando di Zero Branco (TV). All’etichetta, fondata nel 2003 da componenti degli OJM, si deve riconoscere il notevole impegno profuso nella promozione di generi come lo Stoner, il Garage e il Vintage Rock mediante la pubblicazione di realtà nostrane (Mad Dogs, Mother Island e Ananda Mida, solo per citarne alcune) e internazionali (tra cui Karma To Burn e Fatso Jetson).
La label ha recentemente ristampato la registrazione dell’esibizione degli Yawning Man al Maximum Festival 2013, edita originariamente nel 2016. Per l’occasione la formazione era quella originale, con Gary Arce alla chitarra, Mario Lalli al basso e Alfredo Hernandez alla batteria. Questa nuova edizione di “Live At Maximum Festival” è impreziosita da una veste grafica completamente ricreata, sempre ad opera di eeviac, ed è disponibile in vinile da 180 grammi nero, azzurro e trasparente e in CD con audio rimasterizzato e custodia digipak a 3 ante.
La setlist è incentrata prevalentemente sugli album “Rock Formations” e “Nomadic Pursuits”. Dal primo sono tratte la title track, un mid-tempo relativamente diretto e lineare, scelta ideale per riscaldare gli animi a inizio concerto, e le più lisergiche “Stoney Lonesome” e “Perpetual Oyster” in cui la chitarra, sostenuta da linee di basso distorte e strabordanti, si avventura di sovente in territori psichedelici. Gli estratti da “Nomadic Pursuits” sono “Far-Off Adventure”, altra gemma Desert/Psych, e “Ground Swell” che, nei suoi nove minuti, raggiunge le vette più intense dell’esibizione esaltando, oltre alle trasognanti trame chitarristiche tessute da Gary Arce, anche il drumming incisivo e puntuale di Hernandez. La scaletta, qui presentata in ordine sparso, è completata da “Manolete”, tratta dall’EP “Pot Head” (2005) e “Dark Meet” (dallo split con i Fatso Jetson, un altro progetto di Mario Lalli), in cui si alternano passaggi dalle atmosfere evocative ed altri dai più tipicamente desertici toni caldi e surreali.
“Live At Maximum Festival” ci consegna un’istantanea scattata in un momento di grazia del gruppo californiano. Ancorché si tratti di una registrazione, la dimensione live si rivela capace di valorizzare al massimo queste composizioni strumentali, consentendo ai musicisti di enfatizzarne la componente psichedelica e giocare sulle dilatazioni sonore, come certamente sapranno quanti hanno avuto modo di assistere a un loro concerto. È quindi doveroso un ringraziamento alla Go Down Records per aver reso nuovamente disponibile questa testimonianza di valore.