Recensione: Live At Rock Of Ages Festival 2016 e A Long Day’s Night
Durante il 2020, la Frontiers Music ha messo in atto un lungo percorso di ripescaggio degli ultimi – in ordine di tempo – album in studio dei Blue Oyster Cult. Si è trattato, inevitabilmente, di lavori meno noti rispetto ai classici degli anni settanta ed ottanta del secolo scorso, ma assolutamente di pregio. La label italiana ha rilasciato anche un pugno di album dal vivo, talora celebranti specifici anniversari della carriera della band statunitense, e questa complessa attività di riproposizione arriva alla fine dell’anno al suo epilogo. Un epilogo, lo ricordiamo, che è stato preceduto anche dall’uscita del primo disco d’inediti dei BOC dopo tanti, tanti anni, quel “The Symbol Remains” che davvero ha trovato pubblico e critica unanimi nel gradimento e nell’apprezzamento.
Ecco arrivare, ordunque, due nuovi live album (con relativi dvd/Blue Ray). Uno di essi, “Live At Rock Of Ages Festival 2016”, fotografa un concerto di appena quattro anni fa, tenutosi a Seebronn in Germania. L’altro, “A Long Day’s Night”, testimonia invece una serata collocata più indietro nel tempo, quando i Blue Oyster Cult festeggiavano (correva l’anno 2002) il proprio trentennale con un concerto in quel di Chicago.
E’ difficile, per il vostro recensore, trovare parole nuove per raccontare ancora una volta l’energia, la classe, l’hard rock e la melodia di cui questa band è maestra.
Anche stavolta, infatti, ritroviamo un pugno irrinunciabile di hit, presenti sostanzialmente in entrambi gli album, eseguiti sempre con il feeling immarcescibile di chi le sta suonando per la prima volta: Burnin’ For You (che nel primo album citato forma con This Ain’t The Summer Of Love e Golden Age Of Leather una super-tripletta di classici senza tempo, in un tripudio grintoso di chitarre che si incrociano e poi si divincolano per lanciarsi in brevi cavalcate sonore e di melodie accattivanti), la travolgente Buck’s Boogie, l’intramontabile Godzilla, collegata dalle chitarre in uno dei live, e da un assolo di batteria nell’altro, alla immancabile ed irrinunciabile (Don’t Fear) The Reaper.
Nei due concerti testimoniati dai due dischi, i BOC snocciolano anche alcune canzoni che certamente rappresentano dei capisaldi del loro immenso repertorio, pur se non appartenenti al novero delle hit sopra citate: parliamo dell’hard rock sbilenco di Od’d On Life Itself , dello psyco-prog di Astronomy, della sempiterna ed iconica Cities On Flame With Rock ‘N’ Roll, della più quietamente psichedelica Then Came The Last Days Of May.
Ma la differenza di repertorio tra un live e l’altro vien fatta dalle canzoni dei dischi (peraltro da poco, come si diceva, ristampati ) che, al momento del concerto, erano appena usciti sul mercato, come Harvest Moon da “Heaven Forbid” e Dance On Stilts da “Curse of the Hidden Mirror”. Non mancano piccole sorprese come il pop-rock/AOR Perfect Water da “Club Ninja”del 1986.
In definitiva, le reissue di “Live At Rock Of Ages Festival 2016” e “A Long Day’s Night” costituiscono certamente due bocconcini prelibati soprattutto per i palati dei collezionisti accaniti, ma contribuiscono anche, insieme alle altre uscite di questi mesi, a riaccendere un faro luminoso su una band grandissima, ma immeritatamente non così considerata come altre dell’epoca d’oro dell’hard rock, almeno dalle nostre parti.
Francesco Maraglino