Recensione: Live At Rockefeller Music Hall
Dopo quattro album in studio è arrivato anche per i Leprous il momento di pubblicare il primo live ufficiale. La nuova uscita, finanziata attraverso una campagna di crowdfounding, non è solo testimonianza di un momento particolare nella carriera del quartetto norvegese, ma è anche la dimostrazione di una grande cura per il prodotto, forse proprio perché si tratta del primo album dal vivo. Ci vuole poco per accorgersi del fatto che la band abbia voluto prima di tutto organizzare una serata speciale e poi immortalarla nel miglior modo possibile. Due CD e un DVD racchiudono un concerto di circa due ore registrato al Rockefeller Music Hall di Oslo il 4 giugno del 2016, durante il tour di supporto all’ultimo full-lenght, The Congregation. Sul palco non salgono solo i Leprous ma anche tre ospiti che li accompagnano su alcuni brani: l’ex batterista Tobias Ørnes Andersen, il violinista Håkon Aase e soprattutto l’ex Emperor Ihsahn alla chitarra e alla voce, che ricambia il favore dopo la recente collaborazione con il frontman Einar Solberg nel suo ultimo album. Altro punto di forza è la produzione: la qualità dell’audio in un disco dal vivo non va sempre data per scontata ma qui i suoni sono davvero buoni, tutti i brani hanno un ottimo impatto e riescono sempre a riempire le orecchie nei ritornelli o nei momenti più epici, soprattutto quando entrano le tastiere.
Un dato ancora più positivo se si pensa che, stando a quanto ha dichiarato Einar Solberg, la band ha deciso di non aggiungere nessuna sovraincisione in studio – quasi una prassi per tanti altri gruppi – e di lasciare il live così com’è, per restituire l’atmosfera del concerto in maniera genuina, anche se dovesse risultare imperfetto. In realtà di imperfetto c’è davvero poco, data la notevole performance dei musicisti, precisi in tutti i pezzi e in ognuna di quelle ritmiche piene di pause, quasi singhiozzanti, che rendono caratteristico il loro sound. Anche se ogni componente svolge più che bene la sua parte, Solberg merita di essere citato un’altra volta per le sue vocals limpide e per un’ottima resistenza che gli permette di lanciarsi tranquillamente in acuti e falsetti anche verso la fine della serata. Le parti in growl dal vivo restano fedeli a quelle in studio ma, pur cavandosela, il frontman dei Leprous dà sempre l’impressione di essere più a suo agio sul cantato pulito che, del resto, lo valorizza di più.
La setlist è molto sbilanciata sugli ultimi due album, con solo un paio di pezzi da Bilateral e neanche uno da Tall Poppy Syndrome, ma resta senza dubbio efficace, a partire dal sintetizzatore ossessivo di “The Flood”, che apre il concerto all’insegna della tensione. La scelta di concentrarsi sugli ultimi due dischi da un lato può essere una piccola delusione per chi ama i primi lavori ma, dall’altro, crea l’atmosfera compatta di uno spettacolo che deve seguire un percorso ben preciso, con alcuni momenti memorabili. Su tutti i brani svettano la drammatica “Slave”, che chiude il primo CD, la toccante “The Valley”, il cui ritornello resta uno dei migliori dei Leprous, la complessa “Forced Entry” e, ovviamente, “Contaminate Me”, il devastante finale suonato e cantato assieme a Ihsahn.
In conclusione possiamo considerare il Live at Rockefeller Music Hall un lavoro ben riuscito, da consigliare vivamente a tutti i fan del gruppo norvegese. Un live che può avvicinare alla musica dei Leprous anche chi non li conosce ancora bene, a patto di non aspettarsi una sorta di greatest hits; consideratelo piuttosto un’istantanea dei Leprous allo stato attuale, scattata in un momento in cui il loro stile si è ormai consolidato, ampliando il loro pubblico ma, come sempre accade, aumentando anche le aspettative per il prossimo futuro.