Recensione: Live At The Marquee
Il Live At The Marquee dei Dream Theater è, secondo una nutrita detta di fans la miglior prestazione live del combo newyorkese: forse perché segue a ruota il ciclone Images And Words e perché vede il gruppo marciare sull’onda del successo e dell’entusiasmo del loro primo world tour, con tappe in America, Giappone ed Europa, compreso per l’appunto il Marquee Club di Londra.
La band propone un platter molto solido: apre le danze con Metropolis pt1, a cui segue Fortune In Lies da When Dream And Day Unite; il concerto prosegue con l’inedita strumentale Bombay Vindaloo con l’apparente scopo di dare respiro a LaBrie e riparte quindi con Surrounded, impreziosita dalle scelte di Moore e LaBrie per differenti tastiere e linee vocali. Prima del finale “classico” con Pull Me Under i Dream Theater ci propongono una rivisitazione di The Killing Hand, preceduta, a differenza dell’originale, da una gradevole intro chiamata Another Hand, dominata dal duo acustico/sintetico Petrucci/Moore.
La prima cosa che si nota dopo aver ascoltato per la prima volta quest’album è sicuramente l’impeccabile resa tecnica che i cinque artisti ottengono dal vivo in modo praticamente identico, se non migliore, a quella raggiunta in studio. Ho detto “i cinque artisti” perché la questione LaBrie, che spesso ha diviso il pubblico su blasonati live come Once in a LIVEtime o Live Scenes From NY qui non si pone, data l’impeccabile prestazione del canadese. C’è anche da dire che ufficialmente i Dream Theater hanno confermato l’overdubbing di alcune parti vocali, tuttavia le nostre orecchie entrano comunque in contatto con delle linee veramente audaci e gradevoli, in modo particolare in Surrounded e The Killing Hand.
Altro punto nodale che per molti fan ha giustificato l’acquisto di Live At The Marquee è l’interpretazione da parte del singer dei brani cantati originariamente da Dominici. Ebbene: il giudizio è a mio avviso molto positivo, anche perché sono stati scelti per l’occasione due pezzi (A Fortune In Lies e The Killing Hand) che possiedono una struttura perfetta per l’espressività e il pathos di James, e la cui ricchezza era stata “castrata” dalla piatta interpretazione del primo cantante, dimostratosi se non altro all’altezza in canzoni come Status Seeker o Only A Matter Of Time.
L’ultima nota la spendo per Bombay Vindaloo: strumentale che ha l’aria di una semplice improvvisazione ma che si dimostra molto ben costruita sia come atmosfere orientaleggianti che come crescendo di intensità, complice un Kevin Moore dal lead sempre incisivo e graffiante.
In conclusione si tratta di un Live che racchiude le canzoni più rappresentative dei primi due album del gruppo, lungi dall’essere uno spettacolo di fenomeni come le ultime uscite della band, qui ancora capace di entusiasmare il pubblico per la qualità dei propri brani piuttosto che per la qualità dei propri musicisti.
Tracklist:
- Metropolis pt1
- A Fortune In Lies
- Bombay Vindaloo
- Surrounded
- Another Hand-The Killing Hand
- Pull Me Under