Recensione: Live at the Whisky
Dai tempi della loro reunion (avvenuta nel ventunesimo secolo), gli Stryper, la più famosa band di white metal di tutti i tempi, ha messo in atto una puntuale strategia finalizzata alla propria costante presenza sul mercato discografico con frequenti release. Tra un full-length d’inediti e l’altro, infatti, il combo statunitense ha tenuto alta e costante l’attenzione dei propri fans con live, album di cover e CD composti di nuove versioni di loro classici degli anni Ottanta.
Si è trattato, in tutti i casi, di lavori di rimarchevole qualità, anche se di non particolare interesse dal punto di vista della creatività. Tali uscite discografiche, però, in alcun caso hanno rappresentato il sintomo di una stagnazione della vena artistica degli Stryper. I musicisti, difatti, hanno fornito prova del proprio eccellente stato di forma con gli intercorrenti lavori in studio, quali Murder By Pride e No More Hell To Pay. Quest’ultimo, in particolare, non solo ha suscitato unanimi consensi di critica, ma ha anche raggiunto risultati di classifica sorprendenti per i tempi che corrono.
Non meraviglia, né è da intendersi, dunque, come segnale di crisi, che al successo del più recente full-length dei nostri, segua un nuovo album registrato dal vivo, rilasciato in versione CD /DVD (il vostro recensore può riferirvi solo della parte audio).
“Live at the Whisky”, in effetti, appare proprio, come avveniva per i live dei tempi in cui il rock dominava sovrano, una celebrazione di un vero e proprio momento di grazia per la band.
E quale posto migliore per tale festa, che il Whiskey a Go Go, uno dei più leggendari locali del Sunset Strip, nel quale hanno suonato praticamente tutti i più grandi del rock?
Il live album apre con una doppietta proprio tratta da No More Hell to Pay, meritatamente ben rappresentato nella setlist: si tratta delle folgoranti Legacy e Marching Into Battle, che danno il via ad un concerto che non lascia neanche un attimo di respiro. Gli Stryper, infatti, ci danno dentro con l’acceleratore e, con grinta degna di un gruppo di ragazzini ben mescolata alle astuzie del mestiere dei veterani, sciorinano uno dopo l’altro tutti i classici uptempo del proprio repertorio. La sezione ritmica è incalzante ed implacabile, le chitarre saettano e trafiggono senza pietà, la voce, sempre all’altezza della situazione, di Michael Sweet ed i cori esaltano la spiccata componente melodica delle canzoni del gruppo.
Ci sono tutti i brani che i fans vogliono ascoltare, da Loud N’Clear a More Than A Man, con qua e là qualche chicca come All For One dal talora sottovalutato Against the Law, o, ancora, come l’eccellente cover gospel-metal (?!) di Jesus Is Just Alright (sempre dall’ultimo studio-album).
E’ una cavalcata tutta hard’n’heavy, per un festeggiamento in musica che si conclude – immancabilmente e nel tripudio generale – con To Hell With The Devil e Soldiers Under Command.
Certo, Live at the Whisky non aggiunge nulla di nuovo al repertorio della band ma, al di là dell’insofferenza che può generare il moltiplicarsi di uscite live e celebrative, è indubbia testimonianza dello stato di grazia di una formazione perennemente “in palla”.
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