Recensione: Live for a Dream [Cd&Dvd]
Spararsi d’un fiato e per più volte, senza interruzione, un disco come Live for a Dream, equivale a scoperchiare una carrellata di gesta sonore scritte dalla penna di Giuseppe Scotto di Carlo, classe 1949, che da quasi quarant’anni lega il suo nome alla musica dura tricolore.
Per noi metallari impenitenti, Pino – questo il suo nome di battaglia sin dagli inizi della carriera – rimarrà per sempre il frontman dei Vanadium, indimenticato e indimenticabile combo hard rock degli anni Ottanta, per qualche tempo a capofila delle orde metalliche italiane assetate di sangue e di successo. Molti dei protagonisti di allora, il buon Scotto li ha fortemente voluti per questo disco targato 2016 con disegnato un indiano in copertina. Accanto a due monumenti viventi dell’HM nostrano quali Daniele “Bud” Ancillotti ed Enzo Mascolo (Strana Officina), trovano spazio anche fuoriclasse del microfono della portata di Roberto “Rob Tyrant” Tiranti (Vanexa, Labyrinth) e Fabio Lione (Rhapsody of Fire). A completare l’armata acciaiosa ci pensano gli altri due Strana Officina che di cognome fanno Cappanera (Dario “Kappa” e Rolando), poi Olaf Thorsen (Labyrinth, Vision Divine), Trevor con tutti gli altri Sadist, Steve Angarthal dei Fire Trails, Igor Gianola (U.D.O.) e Alessandro Delvecchio (Edge of Forever).
La forza di un’operazione quale Live for a Dream risiede nella modalità di registrazione ”come si faceva una volta”, quando le band non baravano ma sputavano sangue nelle cantine o nei solai e le diavolerie da computer in ambito musicale erano ancora di lì da venire. I diciotto pezzi che ne costituiscono la colonna vertebrale sono infatti stati catturati in presa diretta live in studio e il risultato è una botta hard’n’heavy’n’blues da leccarsi i baffi. Una produzione e una resa alle casse di livello permette finalmente di gustarsi al meglio alcuni spaccati di band che hanno segnato la storia della guerra dei watt italiana: Pulsar, Vanadium, Progetto Sinergia, Fire Trails oltre al corso recente denominato semplicemente Pino Scotto.
Ad aprire il disco due inediti: Don’t Touch the Kids e The Eagle Scream, entrambi con Dario “Kappa” Cappanera all’ascia, a confermare che Pino quando vuole sa ancora “tirare” le corde dell’Hard come ai vecchi tempi. Facendo parte della prima generazione dei metaller italiani Scotto è vissuto a pane e Blues ed infatti il tocco Cotton Belt che da sempre lo accompagna di certo non difetta anche in quest’ultimo Live for a Dream, come esemplificato su parecchi dei pezzi in scaletta.
Dopo il tuffo Seventies di A Man on the Road dei Pulsar ammetto di aver trattenuto il fiato prima di premere il testo “play” nel momento in cui, libretto alla mano, di fronte agli occhi si sono materializzati quattro-classiconi-quattro dei Vanadium: We Want Live Rock’N’Roll, Easy Way to Love, Streets of Danger e Too Young to Die. Il pericolo di qualche stravolgimento contronatura si poteva sempre palesare dietro l’angolo e invece Pino, saggiamente, s’è attenuto alle partiture originali, semai arricchendole della personalità artistica dei vari, illustri, ospiti. “Bud” Ancillotti ed Enzo Mascolo forniscono ulteriori cavalli alla potenza primigenia di We Want Live Rock’N’Roll, Fabio Lione innalza le immortali note di Easy Way to Love, bellissima oggi come quando uscì nel 1986, Trevor&Co. dispensano sane dosi di violenza fra le pieghe di Streets of Danger e il poliedrico Rob Tyrant, con l’usuale classe che lo contraddistingue, marchia a fuoco Too Young to Die da Game Over, 1984. All’ascia Carlo Andrea Magnani, meglio conosciuto come Olaf Thorsen, altra sicurezza siderurgica Docg.
A seguire, altri due pezzi da 90 facenti parte della carriera di Pino Scotto, per chi scrive fra i cinque migliori scritti da sempre dall’artista milanese: Dio del Blues e Gamines. La seconda, in special modo, se la “gioca” ad armi pari con l’originale apparsa su Il grido Disperato di Mille Bands, del 1992, sia per feeling espresso che per pelle d’oca all’ascolto, grazie anche all’interpretazione tutta anima e core di AmbraMarie, personaggio totalmente al di fuori della sfera hard’n’heavy, che però ha saputo dire la sua alla grande, e questo va ammesso al di là degli steccati di genere e ideologici.
Dopo Leonka con i Ritmo Tribale è la volta di due pezzi simbolo dei Fire Trails, Spaces and Sleeping Stones seguita da Third Moon, alla chitarra Steve Angarthal, colonna portante di quel progetto di metà anni duemila. A chiudere il disco cinque canzoni del Pino Scotto più recente, fra le quali spicca l’adrenalinica Angus Day, un episodio rock’N’roll di alto lignaggio impreziosito dalla presenza e dall’armonica di un altro monumento della musica italiana: il “Puma” di Lambrate Fabio Treves.
All’interno del packaging cartonato allestito dalla Nadir Music per Live for a Dream c’è spazio anche per un succoso Dvd contenente una ventina di videoclip d’epoca – anche dei Vanadium – e che si completa con i video di tutte le registrazioni effettuate in studio per l’album, inediti esclusi. A inframezzare i vari pezzi alcuni interventi a gamba tesa dello stesso Pino in giro per Milano e le mini interviste dei vari artisti coinvolti nel lavoro, più qualche azzeccato inserto d’antan a tema.
Live for a Dream è lì a dimostrare che Pino Scotto, nonostante le primavere sul groppone e le moltitudini di detrattori che praticamente da sempre seguono le sue gesta, non ha alcuna intenzione di mollare il mazzo, quello che si è fatto da artista libero sino ai giorni nostri. L’uscita si accompagna a un booklet di dodici pagine, con i testi dei due brani inediti, le foto con i vari musicisti intervenuti e qualche ulteriore disegno di Maurizio Perego, l’autore della copertina.
Stefano “Steven Rich” Ricetti