Recensione: Live in the UK

Di Alessandro Zaccarini - 2 Febbraio 2007 - 0:00
Live in the UK

Un anno dopo la reunion, gli House of Lords si trovano in quel del Firefest di Notthingham. L’occasione – complice una formazione quasi originale, orfana però del talento di Gregg Giuffria – è propizia per registrare il primo live ufficiale della band.

I frangenti iniziali sono assolutamente all’altezza della situazione,  con due estratti dal grande ‘Sahara’ ad aprire la strada: la title-track e Chains of Love. Energia ed esecuzioni ottime che verranno raggiunte in avvio di chiusura show alle cullanti note della celebre cover di Can’t Find My Way Home, a completare il trittico datato 1990.

Purtroppo però, dopo un binomio di apertura che lascia presagire per il meglio, Live in the UK si mostra assolutamente non esente da dubbi e punti deboli. Per prima cosa l’occhio dei fan della band verrà certamente attirato dalla strana tracklist proposta in questo disco dal vivo: un solo brano da Demons Down (Talkin’ Bout Love, guarda caso una dei momenti migliori del disco) mentre di contro si assiste a una vera scorpacciata nostalgica dal debut album, dal quale, oltre alla conclusiva cavalcata Slip of the Tongue e all’AOR da arena di I Wanna Be Loved vengono riproposte Love Don’t Lie e Pleasure Palace. Poco male, più che il tuffo ai primissimi giorni quello che stona all’interno di un lotto già comunque sbilanciato sono i tre brani pescati dal come back del 2004, l’altalenante e piatto ‘The Power And The Myth’, i cui figlioli sarebbero onestamente impalliditi al confronto con una All The Way To Heaven o una Million Miles, magari proprio con Gregg Giuffria al suo posto. Negli equilibri di una setlist ridotta all’osso (soltanto dodici pezzi, per circa 50 minuti di registrazione) i tre brani pesano e non poco, specialmente se visti nell’ottica di un ‘Demons Down’ da questo punto di vista “maltrattato”.

Scaletta a parte altri dubbi giungono dal fronte delle chitarre, in secondo piano per tutto l’album, e sotto la voce ‘intrattenimento e coinvolgimento del pubblico’, aspetto in cui Live in the UK risulta piuttosto piatto e terribilmente anonimo. Da una band così ci aspettavamo un’esecuzione precisa e puntuale (che difatti non manca) ma anche qualcosa di più dal punto di vista della personalità.

Il disco si chiude con Havana, brano da studio già bonus track dell’edizione giapponese di ‘The Power And The Myth’ e qui riciclata nella stessa veste. Un vero e proprio filler, nel senso letterale del termine, che porta la durata del disco a 55 minuti.

A parere di chi scrive Live in the UK rientra nell’ormai sempre più ampio calderone delle occasioni sprecate. Per celebrare la dimensione dal vivo della band forse sarebbe stato meglio pensare a qualcosa di più, ma forse i recenti cambiamenti in casa House of Lords non hanno permesso che questo si potesse avverare. Resta un live strano, corto e francamente piuttosto distaccato, che tra le altre cose esce in un momento a mio avviso poco adatto: il sottoscritto avrebbe recuperato qualche registrazione dal tour di World Upside Down, album non eccelso ma quantomeno in grado di dare alla causa un paio di ottimi elementi.

Line up:
James Christian – Vocals
Lanny Cordola – Guitars
Ken Mary – Drums
Chuck Wright – Bass

Tracklist:
01. Sahara
02. Chains Of Love
03. Love Don’t Lie
04. Pleasure Palace
05. Talkin’ Bout Love
06. The Edge of your Life
07. Mind Trip
08. All Is Gone
09. The Rapture
10. I Wanna Be Loved
11. Can’t Find my Way Home
12. Slip of the Tongue
13. Havana (Bonus track da studio)

Alessandro ‘Zac’ Zaccarini