Recensione: Live in Tokyo 2017

Di Carlo Passa - 13 Luglio 2019 - 6:19
Live in Tokyo 2017
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2019
Nazione:
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80

Nei medesimi giorni in cui registrava con gli Alcatrazz il live Parole Denied (da noi recensito qui), il mai domo Graham Bonnet decideva di fissare su disco anche una prestazione della sua band eponima, a suggello e compendio di una carriera che pochi possono vantare.
Il luogo è il medesimo, quella Tokyo che, come tutto il Giappone, tante gioie ha regalato a Bonnet e alle sue varie band. Sì, perché questo Live attraversa i quattro decenni della musica di Graham Bonnet, compendiando le sue esperienze in band come MSG e Rainbow, senza dimenticare la produzione più recente del dandy inglese. Ad essere esclusi sono solo i pezzi con gli Alcatrazz, per l’ovvia ragione di sovrapporsi con Parole Denied.
Ma c’è solo l’imbarazzo della scelta a pescare dal repertorio di Bonnet. Ad aprire le danze è la splendida Eyes of the World, tratta da quel gioello che fu Down to Earth dei Rainbow, seguita a ruota da California Air che, con la notevole Into the Night (su cui si sente un poco l’assenza di Zonder alla batteria), rappresenta la Graham Bonnet Band contemporanea ed è capace di non sfigurare a fianco di colossi come Night Games, o Dancer.
L’elenco dei pezzi da novanta non sarebbe che la riproposizione della scaletta della serata cui l’ordinato, ma ben presente pubblico giapponese ha avuto la buona sorte di poter assistere. Mi si consenta di menzionare almeno il clamoroso quartetto finale, che è una sorta di bigino dell’Olimpo dell’hard & heavy: Since You’ve Been Gone (suonata già ai tempi degli Alcatrazz con Malmsteen che non nascondeva il proprio amore per Blackmore), Assault Attack (che rende, da sola, Michael Schenker meritevole di eterne lodi), All Night Long (e qui c’è un bel profumo di Deep Purple e Rainbow) e Lost in Hollywood (degna chiusura di Down to Earth).
Nel valutare un album dal vivo bisogna usualmente considerare alcuni fattori. Uno di essi è la sua opportunità: certamente questo Live non sembra segnare uno spartiacque nella carriera, ormai ampiamente assestata, di Graham Bonnet, ma ha una sua ragion d’essere proprio ora in virtù dell’eccezionalità di quella primavera giapponese del 2017, che vide il sunto di quanto fatto dal cantante inglese in questi quattro decenni. Altro criterio di valutazione è la registrazione e la prestazione della band: la presenza degli strumenti, la voce di Bonnet, gli arrangiamenti (leggermente riadattati rispetto agli originali, ma sempre con gusto e opportunità) sono tutti fattori che giocano a favore della qualità del prodotto. Infine, la scaletta, per valutare la quale chiunque di voi non deve far altro che scorrerla per farsi venire la voglia di mettere il CD nel lettore e, magari, rispolverare il vecchio LP di Down to Earth.
Insomma, grazie, caro Graham! La tua voce ci accompagna da tanto tempo e con questo Live ci fa l’ennesimo, graditissimo regalo.

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73