Recensione: Living Crusher – Remix
Questo Living Crusher è lo stesso che passò qualche tempo fa da queste stesse “pagine”. Lo stesso che trovate recensito qui, riproposto però in una versione completamente remixata. 20 punti di differenza per un remix: il discorso non è in realtà così semplice, anzi, è molto delicato, e cercherò di spiegarvi dettagliatamente il motivo di questa nuova recensione. Per chiarezza bisogna però scindere due aspetti: quello musicale da quello attitudinale.
Il profilo musicale è stato evidentemente quello cruciale, che ha influenzato maggiormente questo cambio di voto. Per quanto si tratti di un semplice demo, il suono aveva terribilmente inficiato il mio giudizio, e non per una questione fine a sè stessa. Per il fatto fondamentale che tantissime parti erano letteralmente indistinguibili, svalorizzate, perse in un marasma che non sempre (anzi, quasi mai) si adattava alle caratteristiche dei Kautery. Prendiamo ad esempio il lavoro delle due chitarre: la ruvidezza e la potenza di alcuni riff (si prenda “Bone Shredder” tanto da avere un esempio) erano completamente offuscate dalla sezione ritmica, che peraltro ha guadagnato a sua volta da questo nuovo mixaggio (una sezione ritmica con un buon lavoro di contesto è evidentemente più appagante di una senza nessun altro riferimento musicale).
Insomma, si può obiettare che avrei dovuto dedicare maggiore attenzione alla vecchia versione e giungere alle medesime conclusioni senza l’ausilio di un suono nuovo; vero, ma fondamentalmente quel che avevo fatto notare era che il vecchio sound non esprimeva al massimo le potenzialità della band, e questo remix ne è la più bella dimostrazione. Con i suoni meglio bilanciati, moderati rispetto ai primi eccessi, l’esuberanza della band non viene contenuta ma mostrata in maniera diversa. Non pensate ad uno stravolgimento radicale, ma mi sembra doveroso premiare la giusta direzione di ricerca sonora, di cui a mio parere questo remix è la dimostrazione.
La questione “attitudinale” è forse meno importante ai fini del giudizio, ma per quanto mi riguarda è stata la più bella scoperta. Forse il motivo principale per il quale sarò sempre un sostenitore di questo gruppo. Mi prendo dunque la libertà di spendere delle parole, per valorizzare l’atteggiamento di un gruppo che ancora è tenace nel suo “credo attitudinale”, primo motore a mio avviso per concepire un discorso musicale valido nel tempo.
In pratica, dopo la prima recensione, è seguito uno scambio di email tra me e Arthur, che si può dire abbia fatto da mediatore per il gruppo. In queste email entrambi abbiamo chiarito la nostra visione attinente alla musica, alla scena e ad altre questioni di questo tipo. Contrariamente a quanto possa far pensare il contesto, ne è uscita una visione fin da subito molto simile, per certi versi praticamente identica. Se prima parlavo di potenzialità, questa conversazione virtuale ha confermato quanto prima potevo solo sospettare. E mi ha fatto capire che i Kautery sono veramente uno dei pochissimi gruppi in circolazione che ancora crede fermamente in una logica di intransigenza musicale, in una concezione incontaminata delle proprie pulsioni musicali. E la decisione di remixare il demo per poterlo valorizzare è stata la prova di quanto questo gruppo creda con convinzione in quello che fa e voglia esprimerlo al meglio.
Insomma, questa recensione è discutibile, e me ne rendo conto. Ma prima di avanzare critiche a vuoto vi invito a entrare in contatto con la realtà dei Kautery: il che significa innanzitutto ascoltare la loro musica e magari cercare di capirne i risvolti attitudinali e concettuali. Ma significa anche cercare un vero e proprio dialogo col gruppo, uno dei pochi rimasti in attività con cui le parole “intransigenza” e “attitudine” non siano retorica per menomati. I Kautery sono un ponte con un glorioso passato, e, per quanto musicalmente mi piaccia anche guardare avanti, la considerazione che meritano gruppi simili sarà sempre e comunque totale.
Matteo Bovio