Recensione: Lollipocracy

Di Daniele D'Adamo - 29 Novembre 2015 - 17:33
Lollipocracy
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2015
Nazione:
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72

Spesso il metal, e specificamente quello estremo, è un veicolo per trasmettere contenuti seri, culturalmente non banali, che trattano dalla filosofia sino alla fisica, alla scienza.

Ci sono degli esempi, tuttavia, in cui le tematiche sono invece umoristiche, se non addirittura non-sense. Come quelle dei Menstruophagist, come peraltro si può facilmente già intuire dal nome. Il che, com’è ovvio, non incide affatto sulla qualità tecnico / artistica della musica, in questo specifico caso vicina a una specie di fusion fra brutal death metal e grindcore.

I Menstruophagist sono di Pistoia, sono nati nel 2012 e sin’ora hanno prodotto un singolo (“Pievorous”, 2014), e questo debut-album. Un album certamente dall’anima ultra-undergrond, ma molto ben prodotto dalla Eyes Of The Dead Productions. Il sound di “Lollipocracy”, difatti, è preciso, pulito, ben definito. Soprattutto, potente. Sempre, anche quando la velocità dei BPM sale verso la soglia dei blast-beats, ove la profondità dei toni tende ad assottigliarsi come una lamina d’oro.

Nondimeno, i Nostri, seppur dichiaratamente faceti, con i loro strumenti fanno dannatamente sul serio. “Lollipocracy” consta di 20 brani per 30 minuti di aggressione sonora totale. Andrea fa veramente paura, con il suo inhale dal livello tecnico eccelso, pari a quello dei migliori interpreti statunitensi. E pure con la chitarra non si esime dal mietere vittime, in compagnia di Dario, mediante riffacci violentissimi spesso di derivazione, questo sì, puro *-core.

Il divertimento che il trio toscano mette nel disco è in alcune occasioni davvero coinvolgente, come nell’opener “Declaration Of Fluffiness”. Ma la voglia di fare casino è sparsa un po’ ovunque, in “Lollipocracy”. Non sminuendone affatto la fenomenale energia devastatrice, che attraversa brani come “Chocolate Holocaust”, “Atomic Kinder Egg” o l’irresistibile, travolgente “First Dates Are Made For Walking”, nobilitata da un duetto vocale Andrea / Dario. Non sminuendone nemmeno la tecnica sopraffina dimostrata dal terzetto in occasione di pezzi come “Pievorous”, ove anche Leon dà prova di essere un drummer di prim’ordine.    

Ovviamente non c’è da aspettarsi spunti d’innovazione particolare o di progressione, in “Lollipocracy”: i Menstruophagist, del resto, non ne fanno certo mistero, almeno indirettamente. La spontaneità del disco, però, è assolutamente genuina e merita di essere presa in seria (?) considerazione.

Daniele D’Adamo

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