Recensione: Loneliness In Supremacy
Nella storia del rock e, al giorno d’oggi, con l’infinita quantità di band che erompono sul mercato, l’album di debutto riveste
un’importanza artistica fondamentale. Pubblicare un disco sul quale si è lavorato per anni, in cui si è speso il 100% delle proprie
energie, si sa, non è cosa da poco. Così è stato per la scommessa firmata Violet Sun, nuova band di Dario Grillo che, dopo aver
lasciato i Thy Majestie e aver pubblicato l’eccellente “Beetwen Two Horizons” con i Platens, ci presenta un nuovo gruppo in piena
forma, i Violet Sun. La band si distingue dai clichè della scena symphonic metal con voce femminile finora offerto dalla maggior parte
delle case discografiche europee e non.
Loneliness in supremacy, si propone come un lavoro ricco, diverso, molto ben amalgamato con influenze vanno dalla musica
classica all’heavy metal, dalla musica orientale al progressive, si miscelano con la potenza del sound, creando melodie avvincenti,
raffinate e mai scontate. Per accontentare invece coloro che vivono nella spasmodica ricerca di etichettare qualunque cosa ascoltano,
il disco potrebbe collocarsi a metà strada tra la metal opera Avantasia, e band come Nightwish, Angra, Epica, Kamelot e Dream
Theater.
In questo album Dario Grillo, che si è occupato con ottimi risultati anche dell’intera produzione del disco (masterizzato presso i
prestigiosi Finnvox Studios), è impegnato non solo nel ruolo di cantante, ma anche di chitarrista, bassista e tastierista: è
accompagnato per l’occasione dal fratello Alex alla batteria e percursioni, dalla talentuosa singer Alessandra Amata e da ospiti di
prim’ordine che poco hanno a che fare col mondo del metal, tra i quali spiccano alcuni coristi del Teatro Massimo di Palermo ed il
noto sassofonista Giuseppe Finocchiaro.
Il disco inizia nel migliore dei modi con Dust in the Wind, emozionante composizione che mette in evidenza un approccio
decisamente armonioso in cui tutti gli strumenti si miscelano magistralmente con la voce. Alessandra Amata da sola riesce a tingere la
musica di tonalità variegate, passando con disinvoltura dalle melodie struggenti e dinamiche di Inside Out; le ritmiche delle
chitarre si fanno sempre più serrate, per scivolare elegantemente in un chorus dove le parole di Dario e Alessandra ben si intrecciano
creando un dualismo di voci perfetto.
I pochi secondi della malinconica e raffinata Midnight introducono When The Lights go down, song che ci immerge in un
turbine di emozioni fino ad esplodere in un riff inaspettato: la voce di Dario Grillo mette in mostra tutta la sua versatilità
adattandosi a contesti aggressivi e a parti più sognanti, arricchite da preziosi arrangiamenti dall’orientamento AOR seminati un po’
per tutto il disco.
Cross The Line si abbandona a una struttura operistica e teatrale in cui Alessandra Amata può cimentarsi con un approccio
marcatamente lirico, ottimi gli inserti di chitarra classica avvalorati da una atmosfera “cinematografica” che impreziosisce non poco
la canzone.
Falling in Love, quasi interamente cantata da Alessandra Amata è più che una semplice e dolce ballad, infatti, pur superando i
sei minuti di durata, grazie ad una struttura molto dinamica, riesce nel difficile compito di catturare l’ascoltatore, grazie ai suoi
momenti ricchi di pathos. Piacevole la parte strumentale che, mai basata su ritmi lineari, va ad esplorare territori vicini al
fusion/jazz, dove Dario Grillo mostra la sua abilità compositiva grazie ad intrecci musicali di gran classe, impreziositi da un assolo
di Sax Contralto pieno di feeling.
Where is my Way Home e Pray on the Grave rappresentano l’esempio di come si possa comporre canzoni di gran gusto senza
per questo porsi dei limiti o paraocchi: i brani in questione a mio avviso si discostano leggermente da quanto ascoltato finora e
riescono a colpire l’interesse dell’ascoltatore facendo leva su sperimentazioni tutt’altro che scontate, in grado di far risaltare,
ascolto dopo ascolto, elementi nuovi e sfaccettature diverse che restano comunque la prerogativa di un album di valore come
questo.
Si procede, senza alcun calo di tono, con l’articolata My Flame Still Burns, canzone che rappresenta ormai l’esempio del tipico
sound dei Violet Sun, con momenti più veloci e travolgenti e altri più lenti e sofisticati, in cui a farla da padrone, oltre ad una
buona dose di sperimentazione, è il contrasto tra le due voci e le partiture eterogenee e progressive offerte dagli strumenti.
Volgiamo alla conclusione del disco ed arriva il turno di Brake your Chains e Synthetic Plesure: il cuore del primo
brano, ricco di cambi di tempo e parti ricercate, risiede oltre che nelle linee vocali d’effetto, nella sezione centrale, con una
parte strumentale sviluppata in pieno stile fusion valorizzata nuovamente da uno splendido assolo di sax soprano. Il secondo brano
riconduce il clima su tempi più controllati, ma non per questo omogenei, confezionando un raffinata melodia centrale, con un
ritornello basato su un’impostazione vocale di stampo lirico.
Posta in chiusura del disco troviamo Loneliness in Supremacy, pezzo strumentale di grande atmosfera, giocato su accattivanti
melodie ed inserti di piano, a suggello di un disco complesso ma efficace e conferma Dario Grillo come ottimo compositore.
Personalmente mi sono chiesto cosa sarebbe uscito fuori se questo disco fosse stato prodotto da Sasha Paeth; complimenti quindi alla
Melodic Rock per la professionalità con cui ha presentato questo lavoro. Il coraggio ripaga sempre!
Domiziano Mendolia
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Tracklist:
1. Dust in the Wind
2. Inside Out
3. Midnight (Instrumental)
4. When the Lights Go Down
5. Cross the Line
6. Falling in Love
7. Where is my Way Home
8. My Flame Still Burns
9. Pray on the Grave
10. Brake your Chains
11. Synthetic Pleasures
12. Loneliness in Supremacy (Instrumental)
Line Up:
Alessandra Amata: Vocals, piano
Alex Grillo: Drums
Dario Grillo: Vocals, Guitars, Bass, Keyboards
Guest Musicians:
Giuseppe Finocchiaro – Sax
Opera Choir: Biagio Lentini, Roberto Mauro, Ignazio Gervasi, Alex Grillo. Massimo Grillo. Monica Benevento, Alessia Grillo, Loredana
Aureli, Giovanni Palanica, Fabrizio Nocera
Lorencè Brahem – Oriental Instrument