Recensione: Lonely Hero
Mi capita a volte di acquistare qualche vinile senza sapere assolutamente nulla del gruppo in questione, senza averlo mai sentito o visto recensito. Non nego che in alcuni casi mi sono imbattuto in autentici cessi sonori comprati magari solo per una bella copertina e sopra tutto per il prezzo modesto, ma in mezzo a dischi orrendi, sufficienti e discreti, spesso ci si imbatte in autentici gioiellini sconosciuti del 99% della popolazione mondiale.
E’ il caso di questi cinque ragazzi svedesi che credo abbia realizzato quest’ unico disco per poi sparire tra l’assoluta indifferenza generale. Posseggo questo vinile ormai da diversi anni e non riesco a capire come un lavoro del genere non possa essere mai stato menzionato, recensito o quanto meno segnalato se non in qualche sito straniero dove se ne evidenzia soltanto l’esistenza. Non esiste nessuna ristampa in Cd ma il vinile originale pur non trovandosi facilmente non fa parte di quella categoria di dischi definiti rari ed introvabili. Il genere proposto è accostabile ad un metal classico riconducibile alla scuola europea con venature epiche che in qualche caso mi hanno ricordato gli Heavy Load. Il punto di forza di Lonely Hero è sicuramente la calda e particolare voce del singer Tony Ekfeldt cantante che preferisce caratterizzare le strofe escludendo acuti e tonalità troppo alte, variando l’interpretazione senza modulare eccessivamente le linee vocali un po come il bravissimo Mathias Blad, primo cantante dei Falconer. L’iniziale Love in the Third Degree vale da sola l’acquisto dell’album. Un riff tagliente ma non eccessivamente cattivo che cambia solo all’altezza dl ritornello apre la strada ad epiche linee vocali coadiuvate da una base priva di cambi di tempo secca e coincisa.
La title track è giocata su di alcuni cambi di tempo molto semplici atti ad evidenziare le belle linee vocali mentre la successiva TooYoung pur sopportata da un riffing d’accompagnamento solido e deciso risulta comunque triste e malinconica per via di un’espressività vocale veramente sopra le righe. Escapes into Fantasies è la traccia più veloce del disco incentrata su di un tellurico lavoro di batteria ed arricchita ancora una volta da indovinate linnee vocali.
Il lato B è aperto da Sadwings canzone costruita su di un riff ipnotico che rallenta la sua avanzata solo con l’arrivo del ritornello anch’esso riconducibile ad un certo modo di intendere l’epic metal, mentre con la successiva Evil Island ci imbattiamo in una sorta di power ballad melodica ma non smielata che cambia totalmente registro con l’arrivo dell’assolo che innesta un’ accelerazione improvvisa.
Everybody Up è l’unico episodio che non mi convince a pieno per via di un ritornello troppo vivace se paragonato a quanto appena proposto. Niente paura con la successiva Winternight la qualità sale notevolmente con un pezzo crepuscolare molto suggestivo per via di un cantato simil narrato che disegna paesaggi ghiacciati di terre innevate. Pur non trattandosi di una ballad, l’andamento è lento e cadenzato con indovinate partiture chitarristiche che accentuano il freddo ed epico ritornello. Se siete amanti del genere fateci un pensierino, lo spirito dell’ heavy metal passa anche attraverso questo disco dimenticato dal tempo.