Recensione: Lost Eden
Gli Altair sono un sestetto ferrarese nato nel 2008 da un’idea del bassista Luca Scalabrin e del chitarrista Gianmarco Bambini.
Il gruppo ha avuto molti cambi di line-up, consolidandosi negli ultimi due anni con l’entrata del vocalist Simone Mala, del tastierista Enrico Ditta e del batterista Daniele Dalla Dea.
Nel 2013 escono con il loro primo full-length dal titolo “Lost Eden”, album che propone dieci tracce in puro stile power.
La band ha usato il nome Altair – stella presente nella costellazione dell’Aquila, nonché astro più luminoso della galassia – come sorta di “buon auspicio” per la carriera futura.
Tutto l’album è incentrato sul concetto di libertà e del vivere senza imposizioni.
Questi elementi sono ben espressi nell’artwork, nel quale ci viene mostrato un personaggio che, tramite i suoi sforzi, riesce a trovare il “Paradiso Perduto”, cioè un posto dove pace ed armonia regnano sovrane.
“Lost Eden” si apre con la strumentale e sinfonica “Prelude”, brano che fa da ponte per la successiva “Power Of The Gods” – che vede la partecipazione di Fabio Lione (Rhapsody Of Fire, Vision Divine) – caratterizzata da riff esplosivi di chitarre e, non meno importante, il bellissimo duetto tra il già citato Lione e Simone Mala, nel quale la forza vocale di quest’ultimo entra perfettamente in sintonia con il potente vibrato di Lione.
Segue poi “Reaching The Dreams” che lascia spazio a sonorità più heavy, molto ottantiane, dove dominano ritmi serrati di batteria, veloci assoli di chitarra, inframmezzati da potenti acuti del vocalist.
Con “Fly Away” ci si avvicina sempre più alle atmosfere in stile Helloween.
Il ritmo resta ancora elevato nella successiva “Lost Eden”, title-track dell’album, che ci regala l’ennesimo e ben riuscito connubio tra tastiere e chitarre, le quali detronizzeranno, seppur momentaneamente, il cantato.
I Nostri poi sono bravi ad allentare un po’ la presa per permetterci di godere appieno la successiva “Freedom Is The Key”, che traspone, in chiave sonora, l’idea che il sestetto ferrarese ha di libertà.
Lasciata la precedente ballad, però, si re-immergono nel più puro power con “Wind Of Changes”, che verrà ripresentato in versione acustica e come bonus track alla fine del disco.
Si passa alle battute conclusive con “Rise To The Moon” – pezzo ispirato all’Orlando Furioso nonché traccia più lunga del’album – a mio avviso molto interessante e che ricorda a tratti lo stile prog dei Symphony X.
L’ultima traccia è la già citata “Wind Of Changes” – versione acustica – che, purtroppo, risulta essere un pochino sottotono rispetto al resto dell’album.
Per quanto riguarda la produzione “Lost Eden” è stato registrato nei PriStudios di Roberto Priori, il quale ha collaborato anche con Michele Luppi (ex-Vision Divine, ex-Thaurorod, Secret Sphere) e successivamente re-mixato da Alessio Lucatti tastierista dei Vision Divine. Grazie a questo dispiegamento di forze il lavoro eseguito è di buona qualità e garantisce l’ equilibrio sonoro necessario, anche se la linea vocale risulta essere decisamente in primo piano.
In conclusione possiamo dire che gli Altair hanno sfornato un buon album, forte del lavoro artistico dei due chitarristi Gianluca Ferioli e Gianmarco Bambini, nonché della bravura del tastierista Enrico Ditta.
Come al solito consiglio agli amanti del genere di non limitarsi solo ai grandi nomi, ma di approfondire anche le piccole realtà presenti nel nostro paese e loro ne sono un esempio.
Nadia “Spugna” Giordano
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