Recensione: Lost In Violence

Di Daniele D'Adamo - 4 Marzo 2011 - 0:00
Lost In Violence
Band: Essence
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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84

Dalle placide e tranquille terre di Danimarca esplode una bomba nucleare di nome Essence. Dietro a un nome così anonimo si cela una band con i fiocchi, fautrice di un thrash iper-vitaminizzato capace di far deflagrare una spaventosa onda d’urto chiamata “Lost In Violence”.

Gli Essence sono giovanissimi, e questo non può fare che ben sperare per il futuro del nostro amato genere. Soprattutto quando il presente ha, fra gli altri, anche il nome di “Pestilence”, una bordata da spezzare in due qualunque cosa. Una song violentissima ma ordinata, aggressiva allo spasimo, esemplificativa di come si debba interpretare il thrash agli inizi del terzo millennio. Su questo non ho dubbi. Il quartetto della Nordjylland fa man bassa di tutto quanto il retroterra culturale in materia per metabolizzarlo e quindi restituirlo in quello che per me è, adesso, uno dei migliori compromessi fra modernità e tradizione. Thrash dall’intensità vertiginosa, ricco d’idee innovative senza che si cada nella trappola dell’incomprensibilità. Chiarisco subito che non si tratta di techno thrash, ma di thrash. Semplicemente, thrash. Quindi, accessibile a tutti: sia a coloro i quali si svitavano le vertebre cervicali ai primi concerti degli Slayer o dei Metallica, sia agli esigenti cultori della massima qualità possibile in termini, soprattutto, di tecnica.

“Lost In Violence” è il debut album del combo danese. Difficile credere a ciò, scorrendo la loro biografia. La capacità esecutiva dei ragazzi è quanto di meglio si possa trovare in giro in questo periodo, e non solo in ambito thrash. La sicurezza con la quale vengono costruite le canzoni è quasi disarmante, se paragonata alla ridotta esperienza dell’ensemble: dal 2005, data di nascita, i Nostri hanno prodotto, soltanto, un EP (“Art In Imperfection”, 2007).

Il gruppo stesso, secondo le note biografiche, accenna a gente come Slayer, Exodus, Kreator e Testament. A mio parere sì, le sue radici hanno bevuto da quei nomi, ma hanno fatto crescere un’entità a sé stante, evolutasi autonomamente seguendo il talento tecnico/compositivo posseduto dai suoi musicisti. Gli Essence si sono così allontanati da tutto e tutti per imprimere a fuoco il marchio del proprio thrash in modo unico e originale.
Lasse Skov richiama all’ordine la truppa con il suo folle, isterico semi-screaming, dettando le coordinate dell’area entro cui trascinare i suoi compagni d’avventura. Una superficie dalle dimensioni sterminate, poiché il guitarwork dello stesso Skov e di Mark Drastrup mette giù una fittissima maglia di riff i cui lembi terminali non si riescono a nemmeno a intravedere. Impressionante la sezione ritmica a cura di Nefer (bassista in grado di arrampicarsi su scale lunghe e complesse) e di Martin Haumann, capace di forzare il suono della batteria ai massimi livelli trascinando a volte il gruppo in quel ‘caos ordinato’ da trance ipnotica tipico delle band che praticano death estremo (ottimo l’uso dei piatti ‘aperti’, che irrobustisce ancora, se possibile, il suono).

Pur essendo una label underground, la belga Ultimhate Records non ha badato a spese, mettendo in campo – presso i Medley Studios di Copenhagen – Søren Andersen (Artillery, Kelly Clarkson, Prince, Roxette, Ace Of Base, Kent, Lighthouse, The Cardigans, Radiohead, Mary J. Blige, …) per la registrazione e la produzione, e Nikolaj Vinten (D:A:D, Coldplay, Carpark North, TV-2, Dizzy Mizz Lizzy, L.O.C., Sort Sol, …) per la masterizzazione. Risultato: suono devastante e terremotante, ordinato, chiaro sì da poter cogliere con facilità tutte le armonizzazioni di cui è composto “Lost In Violence”.

Alla bravura tecnica gli Essence uniscono pari abilità compositive. Le canzoni di “Lost In Violence” possiedono, quasi tutte, quel quid in più che, per un motivo o per l’altro, le rendono interessanti e varie innalzando l’insieme delle medesime ben oltre la media qualitativa odierna della categoria.
L’intro “Allegiance” offre la già sentita intrusione da parte del sitar, ma ciò non deve ingannare e far pensare alla solita minestra riscaldata: il resto (“Unlimited Chaos”) è una splendida cavalcata sostenuta da un vivace mid-tempo, intrisa di melodia sia nei richiami alle armonie dello strumento indiano, sia nel coro; funzionale al ritornello del brano. Di “Pestilence” s’è già scritto prima: in più, consiglio di alzare al massimo il volume per godere appieno dell’attacco del pezzo, stravolto da un riff devastante che dà il la a una furiosa intrusione hardcore. Il suono metallico del basso ‘slappato’ dal talentuoso Nefer è l’incipit di “Blood Culture”, denso di echi richiamanti i voli lisergici dei Pink Floyd. Giusto per sollevare il pensiero prima dell’entrata in gioco dell’artiglieria pesante, che si concreta in un altro mid-tempo massiccio ma variegato nelle partiture musicali. “Night’s Destruction”, ed è massacro, compiuto dai riff segaossa delle affilate asce del duo Skov/Drastrup e dai loro laceranti soli.
“Oblivion”, morbida strumentale, fa quindi da ponte per la song migliore e più originale del lotto: “Shades Of Black”. L’odore di Iron Maiden è forte, fra i refoli delle arie musicali, e Skov pare una reincarnazione di Paul Di’Anno, rinvigorita e ammodernata. Attenzione, però: la forte personalità degli Essence assorbe questo… tributo alla band più famosa del Mondo rendendo “Shades Of Black” una stupenda canzone da ascoltare a tutto tondo, soprattutto nel chorus da brividi sulla pelle. Tocca nuovamente a Nefer l’onere di aprire la dissonante “Trace Of Terror”, dura e lunga da digerire ma non per questo poco accattivante. La title-track, “Lost In Violence”, è una sfuriata d’energia trasportata da ondate sempre più prorompenti, sino ad arrivare al riottoso, violento coro che, anche in questo caso, fa da refrain. Il lento e trasognante break centrale rimanda a quel gusto allucinante già percepito in “Blood Culture”. “Aggressive Attack” non credo abbia bisogno di particolari delucidazioni per essere descritta: basta il titolo.           

Mai come stavolta la chiusura si dimostra semplice: «questo sì che è thrash!».

Daniele “dani66” D’Adamo

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Track-list:
1. Allegiance 1:21    
2. Unlimited Chaos 6:40    
3. Pestilence 5:08    
4. Blood Culture 6:13    
5. Night’s Destruction 4:13    
6. Oblivion 1:13    
7. Shades Of Black 5:54    
8. Trace Of Terror 3:14    
9. Lost In Violence 7:57    
10. Aggressive Attack 5:05        

All tracks 47 min. ca.

Line-up:
Lasse Skov – Guitar & Vocals
Mark Drastrup – Guitar
Nefer – Bass & Vocals
Martin Haumann – Drums
 

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