Recensione: Lost Moon
Voglio iniziare questa recensione in modo informale ammettendo di essere ben conscio di aver ritardato volutamente la recensione del suddetto demo, in parte per mia volontà, ma anche e soprattutto perché la band presa in esame, ha tentato, con la propria musica sia ben chiaro, di mettermi in difficoltà ed anche più di una volta, ed è per questo che sono sicuro che qualcuno, vedi il buon Keledan, leggendo questa recensione, scoppierà in lacrime e si strapperà i capelli dalla felicità, ma come diceva sempre mio nonno “meglio cardi che mais”.
Dopo questa breve, ma dovuta, divagazione schitzo/filosofica, veniamo a noi, ed inoltriamoci ad esaminare il secondo demo dei Lost Moon band guidata dai fratelli Stefano e Pierluigi Paolucci, rispettivamente chitarra/voce e batteria/cori, che con il suddetto omonimo full lenght demo, varcano la soglia del secondo lavoro autoprodotto dopo l’ottimo debutto di qualche tempo fa.
Con un nome che riporta alla memoria divagazioni psicadeliche di natura pinkfloydiana, “Lost Moon” si presenta a noi come un lavoro in grado di coprire una vasta gamma di influenze sonore tutte ricollegabili comunque allo stoner rock inteso nel senso più puro del termine, genere che da qualche anno è riuscito a prendere sempre più piede anche nel nostro desolato mercato discografico, grazie anche al duro lavoro di valide etichette underground, ma soprattutto di band come quella dei nostri amici che, seguendo le gesta di maestri del calibro di Kyuss, Fu Manchu o Cathedral per certi versi, tentano in ogni modo di promulgare anche nella nostra beneamata penisola il verbo del rock del deserto.
Ma se teniamo conto che l’unico deserto che da noi riusciamo ad immaginare e la cartolina di Milano il 15 d’agosto, e le uniche visioni astrali sono quelle dateci da alcune sigarette per dire anticonvenzionali, è difficile rapportarsi a quanto fatto di buona dalle band della Men’s Ruin e via dicendo, ma ciò nonostante i quattro musicisti in questione riescono a raffrontarsi alla pari anche grazie ad una caratura tecnico/artistico/musicale ben al di sopra della media, almeno dalle nostre parti.
Non che il genere in cui i Lost Moon hanno deciso di rùcimentarsi, richieda poi una padronanza strumentale da virtuosi, ma ascoltando le otto tracce ivi incluse, non si può non constatare che i Paolucci & co. “ce la sanno”, ammantando sempre più di dovente le proprie composizioni di divagazioni psicadeliche tanto care ai Greatful Dead del compianto Jerry Garcia o elementi riconducibili allo space rock dei maestri Hawkwind, il post punk di band del calibro di Lemonheads o Violent Femme (vedi Burnt), che in qualche modo mi hanno ricordato i meneghini Karma (chi se li ricorda????NdBeppe) dai quali prendono l’amore per l’uso dei ritmi tribali, o i primi Afterhours quelli di “Pop kills your soul”.
Una band che dimostra di aver raggiunto un livello di maturità più che accettabile, anche se avrebbe potuto e dovuto curare maggiormente la produzione, soprattutto per ciò che concerne il suono della batteria, ma che comunque risulta pronta per spiccare il grande salto. Concludo facendo un appello alla band, ragazzi qui da noi l’unico che può darvi una mano è Paul Chain lo sapete vero???? Perciò fatevi sotto è contattate il nero signore!!!!!!