Recensione: Lovekillers Feat. Tony Harnell

Di Carlo Passa - 8 Dicembre 2019 - 17:00
Lovekillers Feat. Tony Harnell
Band: Lovekillers
Etichetta:
Genere: AOR 
Anno: 2019
Nazione:
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77

Dopo la fugace reunion dei TNT che abbiamo potuto apprezzare alla quarta edizione del (fu) Frontiers Rock Festival (2017), Tony Harnell ha nuovamente abbandonato la band con cui ha raccolto i migliori successi della propria carriera e, a distanza di un paio di anni, dà alle stampe questo disco, intitolato Lovekillers Feat. Tony Harnell.
L’esplicitazione della presenza di Harnell in formazione, sia nel nome della band che nel titolo dell’album, suona ragionevolmente ruffiana, in quanto è inevitabile che l’attenzione nei confronti di questo prodotto nasca proprio dall’interesse di riascoltare la voce che illuminò grandi pezzi come 10,000 Lovers, o Forever Shine On negli anni ottanta. Sono espedienti non infrequenti: i più attempati tra i lettori ricorderanno che la versione in vinile del primo album dei Gamma Ray (Heading for Tomorrow, 1989), fu pubblicata con un sovracopertina grigio che recava ben in evidenza il nome di Kai Hansen.
Date queste premesse, non ci si aspetta sorprese dai Lovekillers. A fare la differenza non è, dunque, l’originalità della proposta, quanto la qualità delle sue composizioni, che, diciamolo subito, è ineccepibile. La variegata presenza di Alessandro Del Vecchio (musicista, produttore e nel novero degli autori) è una garanzia: il disco scorre piacevolissimo, riuscendo al contempo a richiamare i fasti dei TNT (ed era inevitabile), ma anche a non suonare quale uno stantio viaggio nei bei tempi che furono.
Alive Again e Hurricane, piccole gemme di hard rock anthemico, dimostrano una scrittura matura e conscia di esserlo, arricchendo le belle melodie con arrangiamenti di classe e una produzione che fa al meglio il proprio lavoro.
Anche laddove si rallenta, come nel mid-tempo Who Can We Run To, la tensione, qui sinonimo di convinzione, resta alta e l’ascoltatore sente qualche brivido mentre il ricordo corre a Tell No Tales. E Across the Oceans si rivela una ballad elegante, seppur un poco in odore d’esercizio di stile. Più azzeccata è Bring Me Back, un lento 6/8 arioso che è un godimento lasciarsi scorrere addosso.
Delicatissimo è l’equilibrio tra la clonazione dei TNT e la freschezza di un nuovo prodotto: Higher Again ne è forse la migliore sintesi, meritandosi certamente il diritto di cittadinanza su Lovekillers, ma non avendo sfigurato se fosse apparsa su Intuition, trent’anni or sono.
Se Now Or Never è un divertente hard rock spensierato e di classe, Heavily Broken gioca intorno a una strofa malinconica che scaturisce in un ritornello in vero piuttosto scontato.
No More Love è un gran bel pezzo, epicamente tastieroso, capace di richiamre più il primissimo Bon Jovi che non la madre-patria TNT.
Dolce conclusione con Set Me Free, dove Harnell duetta alla grande con il pianoforte di Del Vecchio in un pezzo che cresce fino a liberarsi in un ritornello certo già sentito più volte, ma che il cuore del rocker non può non apprezzare.
Il maggiore pregio di Lovekillers Feat. Tony Harnell è essere riuscito nell’evitare l’effetto nostalgia e clonazione dei TNT. Certo, la matrice è quella: ed è bene che non la si nasconda, per non snaturare un prodotto che, in sostanza, nasce già confezionato nelle proprie caratteristiche essenziali. Qui, invece, c’è songwriting e convinzione, due tratti distintivi che spesso mancano in dischi del genere. Congratulazioni, quindi, a Tony Harnell (e a Del Vecchio), che ci auguriamo di rivedere presto dal vivo dalle nostre parti, alternando passato, presente e futuro.

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