Recensione: LP-EP (2003)

Di Damiano Fiamin - 7 Febbraio 2012 - 0:00
LP-EP (2003)
Band: Misantropus
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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74

Misantropus è un progetto musicale nato nel 1998 dall’estro creativo di una coppia di fratelli, Alessio e Vincenzo Sanniti. I due fondano la band con la ferma intenzione di proporre una tipologia di musica ben precisa, un doom metal a tinte psichedeliche, rigorosamente strumentale, influenzato  da nomi come Paul Chain e Mario Di Donato. Negli ultimi quindici anni, il gruppo ha prodotto materiale inedito con cadenza piuttosto rarefatta, con una media di un disco ogni triennio, affrontando varie difficoltà e vedendo, soprattutto, numerosi cambi dietro le pelli. Silenziosi e determinati, superano questi ostacoli e riescono, infine, ad arrivare alla firma con un’etichetta in grado di promuovere le loro sonorità su scala più vasta. Il disco che abbiamo tra le mani contiene cinque inediti e due tracce contenute in un EP già pubblicato dalla band nel 2003. Sin dalla copertina, comprendiamo che il manifesto programmatico dei Misantropus è semplice: è la musica a parlare, nient’altro; le immagini che scaturiranno nella mente dell’ascoltatore devono essere create unicamente dalle note. Con queste premesse, è più facile comprendere il minimalismo della produzione e la scelta di non proporre che brani strumentali, che hanno come unica chiave di lettura il titolo, spesso legato a tematiche ecologiche o, più propriamente, vitalistiche.

E’ una batteria pulsante quella che introduce Life, un cuore che batte lentamente prima che il resto della strumentazione si unisca per delineare un quadro completo, con riff ossessivi, caratterizzati da un’energia cupa e viscerale, che si ripropongono e si impastano l’uno sull’altro, sferzando con vigore le orecchie dell’ascoltatore. La struttura del brano non è particolarmente varia, il primo vero cambio di ritmo avviene solo dopo tre minuti, quando le tonalità precipitano e si rabbuiano ulteriormente, incuneandosi in un tunnel buio e opprimente che, lentamente, ci conduce alla seconda traccia, Man. L’incipit energico e vitale viene rapidamente abbandonato e, presto, i bassi pulsanti tornano a farla da padrone, mentre la chitarra produce note viscose e avvolgenti. Il ritmo torna a crescere, però, nella parte mediana, quasi una cavalcata, in cui tutti gli strumenti si lanciano decisi, prima di scivolare, cupamente, in una conclusione opprimente e malevola. Se lo strumentale precedente poteva considerarsi la trasposizione musicale della vita di un uomo, Woman non può che essere rivolto al gentil sesso. Dopo un’introduzione folgorante, un breve periodo di malinconia fa da preludio ad una ripresa incalzante, in un’alternanza ciclica di sonorità gravi ed episodi più spediti, in una cadenzatura forse più manichea ed estrema di quella della canzone precedente, con stacchi netti e decisi che ci lasciano quasi impreparati ad accogliere la sabbathiana Animalspact; quest’ultimo è un brano più tradizionale, con ritmi rarefatti e suoni pesanti che picchiano con metodica potenza sulle casse del nostro stereo. Senza fretta, ma in maniera inarrestabile, i componenti del gruppo sbattono con implacabile precisione le loro note all’interno dei nostri padiglioni auricolari.
La chiusura della prima parte del disco è affidata a Transformation. Nomen omen est, poiché ci troviamo davanti ad un pezzo in continuo mutamento, che cambia agilmente ritmo e tono, senza mai una sbavatura di troppo. La psichedelica parte mediana si discosta da quanto ascoltato finora in un dissonante ed acido esperimento di viaggio armonico, interessante variazione che solletica il palato musicale di chi ascolta e lo lascia scivolare, cullandolo, verso la seconda parte del disco.  Le due tracce che chiudono l’album erano originariamente contenute nell’EP promozionale realizzato dal gruppo nel 2003 e differiscono dalle omonime incluse nella prima sezione per la presenza al loro interno di alcuni vocalizzi, realizzati da Francesca Luce, in grado di valorizzare notevolmente i pezzi. L’aggiunta, in effetti, contribuisce a creare un’atmosfera misteriosa e intrigante che riesce a dare un’ulteriore spinta al prodotto finale, lasciando quasi l’amaro in bocca per una scelta compositiva che, forse, sarebbe potuta essere esplorata più a fondo.

Come sempre, giunge in una recensione il momento di riassumere tutto quanto quello che si è ascoltato nel tentativo di fornire un condensato pratico per permettere al potenziale ascoltatore di prendere la sua decisone con calma. Il disco dei Misantropus non è certo facile. Non aspettatevi di poterlo sentire tranquillamente camminando o mentre guidate; non perché la struttura musicale sia particolarmente ostica, ma perché perdereste tutte le sfumature che lo caratterizzano. Prendetevi il vostro tempo, mettetevi comodi, rilassatevi e lasciate che i riff ideati dai fratelli Sanniti e scanditi da Vozza fuoriescano dal vostro stereo e riempiano l’aria. Sicuramente, le idee contenute all’interno delle sette tracce sono più che buone, i musicisti sono tecnicamente capaci ed in grado di trasmettere emozioni all’ascoltatore, il che non è poco. D’altra parte, è doveroso sottolineare come, in alcuni casi, ci si trovi innanzi a episodi fin troppo ossessivi che creano una sensazione d’indispettimento che non rende giustizia al disco. Piccola nota a bordo pagina: peccato che la presenza della Luce sia solo marginale: la scelta di aggiungere dei vocalizzi è un’ottima trovata che, forse, andrebbe approfondita in una prossima uscita discografica. Buona la prima, attendiamo di scoprire quale sarà l’evoluzione del trio laziale, sperando che i tempi non siano troppo lunghi.

Damiano “kewlar” Fiamin

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Tracce:
LP (2003)
1. Life
2. Man
3. Woman
4. Animalspact
5. Transformation
EP (2003)
6. Life
7. Transformation

Formazione:
Alessio Sanniti – Chitarra
Vincenzo Sanniti – Basso
Andrea Vozza – Batteria
Francesca Luce – Vocalizzi

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