Recensione: Lure Of Ephemeral Beauty
Una sfida, una sfida di portata epocale. Riuscire a concludere l’ascolto di “Lure of Ephemeral Beauty”, terzo disco partorito dalle menti non propriamente geniali degli Eclictika, è stata davvero un’impresa ardua.
Prima di capire però il perché di un’introduzione del genere, è forse il caso di fare un passo indietro e presentarvi la band. Il gruppo nasce nel 2001 a Dijon, Francia, e vede fra le proprie fila il polistrumentista e compositore Sébastien Regnier e i due cantanti Noémie Sirandre (voce operistica femminile) e Aurélien Pers (scream e growl).
Sebbene il combo abbia già alle spalle 13 anni di carriera, la discografia consta solamente di una demo e di tre full-length, intitolati rispettivamente “The Last Blue Bird” uscito nel 2007, “Dazzling Dawn” del 2010 e, per l’appunto, “Lure of Ephemeral Beauty”, datato 2012. Musicalmente i francesi vorrebbero proporre una sorta di post-black metal sperimentale, dalle vaghe velleità elettroniche, all’interno del quale confluiscono anche elementi sinfonici. Nonostante l’idea possa apparire interessante, seppur non nuova, il vero problema è poi la messa in pratica. Senza girare troppo intorno alla questione, gli Eclictika nel loro ultimo disco non ne azzeccano una. I brani, dalla stucchevole e cinematografica “Through the Supernova Remnant”, sino all’ultima sfiancante e lunghissima “Aokigahara”, stentano a decollare. Il songwriting è terribilmente vuoto, banale, fragile e piatto; le strutture dei brani sono quanto di più lineare ed elementare, tanto da risultare spesso ripetitive oltremodo. Sébastien si dimostra totalmente incapace di costruire arrangiamenti che possano anche solo rasentare la soglia del sopportabile ed è così sia nei momenti più ariosi, chiaramente debitori ai vari Nightwish, Rhapsody of Fire e simili, sia in quelli più tirati, che anche in questo caso scimmiottano malamente act ben più noti al grande pubblico. Tecnicamente il ragazzo non pare essere propriamente un virtuoso dello strumento, non eccellendo in nessun campo, apparendo al contrario sempre piuttosto scolastico nell’esecuzione.
Ma il più grande problema della formazione sono le voci: Aurélien e Noémie danno vita a duetti tanto disarticolati da non riuscire a convivere armonicamente con le musiche; la ragazza, per di più, è piuttosto fragile tecnicamente, risultando sovente terribilmente monotona e sgraziata, quando non addirittura cantilenante ed incapace di raggiungere con la dovuta scioltezza le note più acute.
Inutile stare qui a farvi un track-by-track che, oltre a tediarvi oltremodo, non aggiungerebbe nulla al risultato finale del disco che, come ovviamente avrete intuito, rasenta spesso la soglia del disastroso. Scarsa pure la qualità dei suoni del tutto privi di corposità.
Come concludere dunque questa recensione? Il consiglio che ci sentiamo di dare a voi lettori è quello di tenervi lontani anni luce da un’uscita scialba come questa. Per gli Eclectika, invece, si può solo sperare in un netto miglioramento riguardante tutti gli aspetti musicali e non, perché così, spiace dirlo, non faranno tanta strada.
Emanuele Calderone