Recensione: Lust And Loathing

Di Daniele D'Adamo - 14 Marzo 2016 - 0:00
Lust And Loathing
Band: The Unguided
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2016
Nazione:
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82

E così che a volte accade.

Fra le pieghe di un mercato discografico esageratamente esteso, quasi per caso, si trovano delle chicche misconosciute dal valore, invece, assolutamente straordinario. Come “Lust And Loathing”, maestoso terzo album degli svedesi The Unguided.

Nati nel 2010 a Falkenberg, fecondi autori di una cospicua produzione in materia di melodic death metal: cinque singoli (“Betrayer Of The Code”, 2011; “Inherit The Earth”, 2011; “Phoenix Down”, 2012; “Deathwalker”, 2012; “Inception”, 2013), tre EP (“Nightmareland”, 2011; “invaZion”, 2012; “Fallen Angels”, 2014), un boxed set (“Pandora’s Box – The Ultimate Hell Frost Collection”, 2012) e tre full-length (“Hell Frost”, 2011; “Fragile Immortality”, 2014; “Lust And Loathing”, 2016). 

E, attenzione, è bene specificarlo subito: lo stile dei The Unguided non è melodeath (o modern metal). È dannato, fottuto, irresistibile melodic death metal. Puro, incontaminato, ammodernato nella necessaria versione 2.0 rispetto al gothenburg metal dei primi anni ’90. Swedish death metal come mamma l’ha fatto, insomma.

Tanta potenza e tantissima melodia, quindi. Lungi tuttavia pensare a un prodotto stucchevole o ridondante ritornelli da classifica. I The Unguided spaccano, e lo fanno sul serio, senza guardare in faccia nessuno. Dall’alto di un sound scoppiettante, dinamico e sciolto; duro, massiccio e possente. Che non disdegna di strizzare anche l’occhiolino al melodic metalcore, come si può verificare nei breakdown di “Heartseeker”.

Perfetto nei tempi il dualismo delle clean e harsh vocals, grandioso il tappeto armonico intessuto dalle tastiere, precisa e ricca di verve la sezione ritmica. Pertanto, seppure l’originalità non sia l’arma migliore dei Nostri – circostanza prevedibile data l’assoluta fedeltà ai dettami stilistici del melodic death metal), e anzi a volte si abbia la sensazione di una certa scolasticità – “Lust And Loathing” si rivela un album grandioso per via della sua superba manifattura ma, ancor di più, per il suo fenomenale songwriting. Richard Sjunnesson e i suoi quattro compagni d’avventura mostrano difatti con disarmante facilità un talento compositivo immenso, in grado di dar vita a canzoni straordinarie.

Da “Enraged” a “Hate (And Other Triumphs)” non c’è alcuna soluzione di continuità nella riproposizione di ritornelli clamorosamente vincenti, circostanza rara poiché, davvero, azzeccarle tutte non è facile! Allora, occorre lasciarsi trasportare in alto dalla brezza gioiosa e trasognante di brani memorabili come la stessa opener, la struggente, dolcissima e iper-cinetica “The Worst Day (Revisited)”, l’hit “King Of Clubs”, la stupefacente “Black Eyed Angel”; giusto per citarne alcune che sicuramente resteranno stampate a lungo nel cervello. Ma, occorre ancora rimarcarlo, non c’è nemmeno un secondo, da buttare via, in “Lust And Loathing”

I The Unguided mostrano con umiltà e schiettezza che per fare un grande CD non occorre lambiccare i meandri cerebrali alla ricerca di suoni innovativi o complicazioni tecniche. Occorre, invece, adeguata capacità tecnica, leggasi professionalità, ma, soprattutto un grande talento compositivo. Fattispecie rara e preziosa che, pare, non abbia limiti, nelle loro mani.

“Lust And Loathing”: guai a lasciarselo scappare. La musica è vita, e se la musica è così, allora vale la pena di vivere la vita.

Lunga vita al melodic death metal!

Daniele D’Adamo

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