Recensione: Lymph
Giusto il tempo di affinare le armi con l’EP “Pneumatic Ego” nel 2012, che per i Six Days Of May giunge il momento del debut-album a quattro anni dalla propria nascita, “Lymph”.
Non considerando l’uscita dalla band milanese dell’altro cantante Marcello Rossi, si può notare per prima cosa che accanto a Giacomo Cherubini non c’è stata nessuna modifica nella line-up. Il che non guasta mai se si deve cercare di ottenere, anzitutto, la necessaria stabilità tecnico / artistica per proporsi al mercato discografico ufficiale con la dovuta consistenza e professionalità. Che è il caso in ispecie, giacché “Lymph” presenta quel tipico suono adulto e ben definito che contraddistingue le produzioni serie da quelle dilettantistiche. Un bel punto a favore per i Nostri, insomma, che si debbono confrontare con una marea di altre realtà toste e agguerrite nel più inflazionato dei generi metal, perlomeno attualmente: il metalcore.
Metalcore piuttosto lontano dai modelli anglosassoni e / o americani, scevro da facili melodie, non particolarmente aggressivo. Certo, song come “The Morning You Collapsed” fanno abbastanza male, e la cattiveria del suono non lascia del tutto indifferenti. I Six Days Of May, tuttavia, ci mettono parecchio del loro nelle tracce del disco per renderlo comunque interessante e piacevole all’udito. Una personalità che s’identifica in una ricercatezza musicale poco consueta per il genere, abituato al contrario a colpire con la semplice energia di refrain immediati e accattivanti. Tanto che, in occasione di brani quali “A.N.I.A.”, si può tranquillamente parlare di ‘classe’. Cioè, di quell’attitudine volta a lasciar da parte approcci banali o scontati alla questione. Anche se la tipologia artistica trattata è, per definizione, destinata a essere consumata con una certa fretta e approssimazione. Cherubini e soci, infischiandosene di tutto quanto si potrebbe scrivere di male del metalcore, dimostrano con decisione, invece, che la voglia di approfondire i più disparati aspetti che si nascondono dietro a una song prescinde dalla materia trattata.
E così, “Lymph” si srotola entro i padiglioni auricolari dell’appassionato con l’ausilio di una dozzina di brani molto pensati, molto eleganti, molto ragionati. Quasi… snob! Proprio per questo occorre un po’ di tempo prima di entrare in sintonia con “Take A Look At The Ocean”, “Walk Of A Failure” e le altre compagne d’avventura. Le quali, appunto, necessitano di parecchie ripassate prima di essere apprezzate nelle loro adulte nonché mature armonie. Peraltro, non ci sono alti e bassi, nell’insieme, per cui si può affermare che sia stata centrata, anche, la continuità stilistica. Indispensabile affinché l’ensemble si possa identificare in mezzo a tanti altri.
Così facendo sono venute meno un po’ di freschezza e immediatezza, nel sound. Il che non è il massimo, tenuto conto che il metalcore è a uso e consumo, soprattutto, di un pubblico acerbo. Certo è che si tratta di una conseguenza quasi ovvia, inevitabile nel mettere assieme dei concetti si potrebbe dire antitetici nel raffigurare il metalcore in generale e la musica dei Six Days Of May in particolare. I quali, in ogni caso, riescono a mantenere intatti i dettami fondamentali del genere stesso, seppur – come più su evidenziato – poco accostabile ai cliché della moda imperante. E, questo, oggettivamente, è un gran merito.
Da segnalare, infine, “Naked Lies”, canzone ‘con i fiocchi’: trascinante, scoppiettante, che arriva dritta al cuore. Da iterare il più possibile nel suo animo libero e sciolto, probabilmente.
Daniele “dani66” D’Adamo
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