Recensione: Lyve: The Vicious Circle Tour
“Celebrating 30 years if rock’n’roll”, recita il logo sulla copertina. 30 anni di regno incontrastato nel southern rock. 30 anni alla ribalta sui palchi di tutto il mondo. 30 anni di successi tra dischi di platino, classifiche, apparizioni nelle soundtrack di tantissime produzioni hollywoodiane (“Free Bird” nello splendido Duets, del 2000, e “Sweet Home Alabama” in Forrest Gump e in Mask, entrambi del 1994).
La celebrazione, dunque, è d’obbligo, e arriva con un doppio live (che sarà anche un DVD) tratto dall’ultimo Vicious Cycle Tour della band della Florida.
In realtà gli anni di attività sarebbero quasi 40, visto che i nostri si formarono nel lontano 1966, ma evidentemente, senza peccare di manie di grandezza, l’etichetta fa riferimento all’anno di pubblicazione del primo album, “Pronounced Leh-Nerd Skin-Nerd“, del 1973.
Il live, registrato presso l’Amsouth Amphitheatre di Nashville nel Tennessee l’11 luglio 2003, vede la band al top della forma, incurante del peso dell’età, e due membri originali nella lineup, vale a dire Gary Rossington (chitarra) e Billy Powell (pianoforte). Dietro il microfono, Johnny Van Zant, fratello del compianto leader della band, Ronnie, scomparso tragicamente in una tragedia aerea il 20 ottobre 1977 insieme al chitarrista Steve Gaines, in cui fu miracolosamente risparmiato il resto della band.
Johnny entusiasma con la sua timbrica ruvida e stilisticamente ispirata a quella del fratello, la cui aura aleggia in maniera emozionante su brani dallo spirito southern blues come “That Smell” o “Red White and Blue”, dal chiaro sapore patriottico.
Ma anche le ballad come “Tuesday’s Gone” non sono da meno, mostrando il lato più magniloquente e raffinato della band, con le chitarre, i violini, le armoniche e i cori perfettamente eseguiti. La chitarra blues di Rossington fa costantemente da spola alle composizioni, con il suo riffing perentorio ma mai ossessivo, come una nenia allegra dà al piano di Powell una libertà senza eguali, che anche sui lavori da studio dei Lynyrd aveva contribuito non poco allo stile personale del gruppo.
Con un sound ai limiti della perfezione, che riesce anche a far convivere su un palco ben 9 strumentisti (oltre ai già citati Johnny Van Zant, Gary Rossington e Billy Powell, ci sono Hughie Thomasson e Rickey Medlocke alle chitarre, Ean Evans al basso, Michael Cartellone alla batteria, Carol Chase e Dale Krantz Rossington ai cori) i Lynyrd mandano in visibilio i presenti con i vecchi cavalli di battaglia, ovvero la già citata “Tuesday’s Gone”, e gli altri classici “Call Me The Breeze”, “Sweet Home Alabama” e, a chiudere, una versione struggente di “Free Bird”. Sono questi ultimi due pezzi che, ovviamente, lasciano il segno su questo live, visto che ciò che mi ricordo con più allegria è il continuo e informe insieme di urla, fischi e applausi che come un rollio accompagna i due brani.
Non reggono le polemiche sul rock sudista (e non del sud) dei Lynyrd, chiacchiere che non stanno in cielo né in terra, e totalmente oscurate dalla storia, quella che i Lynyrd hanno scritto nelle pagine della musica.
Dedicato a Ronnie, Steve, Allen (Collins, morto nel 1990 per una malattia alle vie respiratorie) e Leon (Wilkeson, morto nel 2001, a lui è dedicata “Simple Man”).
Tracklist:
CD 1
- That’s How I Like It
- What’s Your Name
- I Know A Little
- Pick ‘em Up
- Simple Man
- That Smell
- Red White & Blue
- Down South Jukin’
- Gimme Back My Bullets
- Double Trouble
- The Ballad Of Curtis Loew
- Tuesday’s Gone
- Mississippi Kid
CD 2
- Workin’
- Gimme Three Steps
- Call Me The Breeze
- Sweet Home Alabama
- The Way
- Free Bird