Recensione: M.O.A.B. (Stories from Deuteronomy)
“Put down the guns, put down the books, put away the pointing fingers of blame .. come away from the temples and into the fields, and there let us work together to eradicate disease and poverty from the face of the Earth. This is the ‘Mother Of All Battles’.”
Questo è il motto che campeggia sulla home page del sito ufficiale di Robbi Robb, artista sudafricano di grande talento e di grande carisma, eclettico e sperimentale, non a caso chiamato da Jeff Arment (bassista dei Pearl Jam) per la realizzazione del suo progetto Three Fish.
Breve premessa.
Già dallo stesso motto, che dai titoli delle canzoni, ma anche dal sottotitolo dell’album (il Deuteronomio è il quinto libro della Torah ebraica e della Bibbia cristiana), si può evincere la forte componente politico/religiosa che connota l’aspetto lirico di questo disco. Tuttavia, come impone la filosofia editoriale del nostro sito, verrà posta l’attenzione sulla questione meramente musicale, lasciando ai lettori ed agli ascoltatori le altre opinioni del caso.
Ripercorrendo brevemente la carriera discografica di Robbi Robb quale cantante/chitarrista dei Tribe After Tribe, si può notare che il segmento temporale abbracciato dalla band corrisponde a ben 23 anni: si parte dal 1° disco Power (1985), per passare ai successivi Tribe After Tribe (1991), Love Under Will (1993), Pearls Before Swine (1997), Enchanted Entrance (2002) per arrivare a questa sesta opera, M.O.A.B. (2008), prodotto da Kevin “Bingo” Rich.
La proposta del gruppo (e parlare di gruppo è decisamente riduttivo, visto il numero di musicisti coinvolti da Robb, ben dodici, oltre a lui), è al limite di quanto si possa definire Hard Rock nell’accezione più ortodossa del termine. Si tratta, più precisamente, di Alternative Rock, che tuttavia presenta spesso e volentieri alcuni elementi base dell’Hard più tradizionale (soprattutto la consistenza generale del suono, unitamente ad un riffing ed un drumming, che rimandano spesso alle caratteristiche base più evidenti del rock duro), si da poterne farne parte, anche se in una posizione vicinissima ai confini estremi del genere
La partenza è data da YHVH Invokation, traccia che introduce l’album con una rilassata atmosfera di serena tranquillità, scandita da chitarra distorta, percussioni e cori, sottolineati da suoni di campane e da schiamazzi di folla. La canzone, in effetti, è una sorta di invocazione a YeHoVaH, altro nome del Signore nell’Antico Testamento. Poi, ecco una parte narrata Deuteronomy Excerpt I, e quindi, dopo il suono dell’accensione di un fiammifero, la prima vera e propria canzone del platter: Supreme One.
Questo brano, dall’incedere fortemente ritmato, ha un groove ipnotico, in virtù del riffing e della sezione ritmica che insistono su passaggi ripetuti. Emerge qui l’elemento caratteristico del songwritig di Robbi Robb: canzoni dal ritmo sostenuto, contaminate spesso e volentieri da elementi di World Music e di New Age, chitarre distorte, basso presente e potente, batteria decisa e marcata, voce filtrata. Il tutto per generare una concreta visione mentale d’immagini, sensazioni, stati d’animo, legati strettamente sia ai testi, che alla componente etnica, substrato culturale ed artistico del chitarrista/cantante.
Anche la successiva Burning Bush, sottolineata non a caso, all’inizio, dal suono di fiamme ardenti, non si discosta da questi dettami, e l’atmosfera bucolica e ridente che aveva fatto capolino all’inizio dell’album, si è ormai trasformata in una costante sensazione di angoscia, di insicurezza, di paura. Elementi corali etnici fanno da sottofondo, in Truth & Reconciliation, traccia dura, dal ritornello tuttavia melodico ed accattivante. Fatto, questo, piuttosto raro all’interno del disco, ove l’armonia, intesa nel senso classico della parola, fa ben di rado la sua comparsa.
Un momento di pausa e di riflessione è rappresentato da Exodus 2000, dove, per oltre metà del brano, la voce di Robbi si staglia su un lento e profondo tappeto di suoni campionati, leggeri, dal sapore onirico; per poi confluire in atmosfera più pesante, cadenzata, eppure sempre assai visionaria.
A questo punto è chiaro l’intento compositivo di Robb: alternare elementi dalla marcata connotazione etnica, a parti narrate ed a brani in cui è spiccata la vena hard rock – talora in maniera molto decisa – come in Holy City Warrior (preceduta dal breve intermezzo Ambient Arafat Radio), episodio in questo caso, nobilitato da un ritornello semplice e facile da mettere a memoria.
Rumori/suoni/voci arabe, introducono Lament, breve brano che davvero dona all’ascoltatore la visione del luogo, del posto ove si svolge la narrazione.
Legato a quest’ultimo pezzo, la lenta e sinuosa Chiron propone un cantato stavolta scevro da filtri, nel forte rimando alle atmosfere della World Music, rafforzato dall’uso dei cori femminili e delle percussioni.
Prosegue sulla medesima falsariga, la sinuosa Deuteronomy Excerpt II, che s’insinua più profondamente nell’animo, per colorare i pensieri di chi ascolta con una sfuggente e languida, tristezza, aiutata nel proprio intento dalla voce femminile narrante.
Il ritmo, seppur lentamente, riprende con Understanding The Water, per poi sfociare in un ritornello dissonante, sofferto, doloroso, ma segnato e ben chiaro nella sua drammaticità. Successive campionature, unite alla voce narrante femminile, aumentano il senso di disagio che pervade l’intero lavoro in Deuteronomy Excerpt III, laddove gli echi di guerra diventano insistenti ed inquietanti. Shock & Awe, dal ritmo vivace, si presenta con la voce molto filtrata del mastermind Robbi Robb, che intona ancora una volta un ritornello quasi disarmonico, ma sempre ben scandito e chiaro.
Red Sky presenta una struttura simile alla canzone precedente, però più ipnotica ed ossessiva, anche se con vocals meno artificiali.
Le percussioni e le campionature ambient, tuttavia, la fanno da padrone, così da mantenere sempre vivo l’alone di visionarietà che ammanta l’intero lavoro.
Conclude World Drum, anch’essa ricca di campionature tese a ricreare ambientazioni sempre tetre ed oscure. In questo brano finale, Robb canta in modo pulito, senza cioè quei filtraggi che spesso lo hanno accompagnato durante il percorso dell’album. In puro stile World Music il ritornello, che si staglia su di una base strumentale dalle chiarissime intonazioni Hard Rock.
Un album particolare, desueto, davvero “alternativo” quindi, che basa la propria caratteristica tipica sul groove, sulla visionarietà, sulla capacità di creare immagini mentali che, a partire dalla musica, proiettino nel nostro cervello i concetti che l’artista ha voluto esprimere nella stesura del lavoro.
Nonostante, comunque, la particolarità dell’opera, sono tuttavia presenti alcune canzoni dalla costruzione rock più canonica, utili nel rifinire e completare il disco in modo da renderlo accessibile anche a coloro che non siano specifici amanti di uno stile così originale e del tutto fuori dagli schemi.
Qualcosa, una volta tanto, di diverso dal solito.
Tracklist:
1. YHVH Invokation – 2:20
2. Deuteronomy Excerpt I – 1:46
3. Supreme One – 4:41
4. Burning Bush – 6:16
5. Truth & Reconciliation – 4:37
6. Exodus 2000 – 6:37
7. Arafat Radio – 1:09
8. Holy City Warrior – 3:25
9. Lament – 2:14
10. Chiron – 5:00
11. Deuteronomy Excerpt II – 3:32
12. Understanding The Water – 5:58
13. Deuteronomy Excerpt III – 1:23
14. Shock & Awe – 4:27
15. Red Sky – 4:56
16. World Drum
Line Up:
Robbi Robb -Vocals, guitars
Amritakripa – Keyboards, Vocals, Chants, Narrative
Dino Archon – Bass
Joey Vera – Bass
Richard Stuverud – Drums, Percussion
Jesse Spero – Drums, Percussion
Mahesh – Percussion
Don Lombardo – Ambient Percussion
Eric Ryan – Guitars, Synth
Bingo – Screams, Guitars, Special FX
Travis Cline – Samples, Special FX, Backing Vocals
Hooman Fazly – Mystic Sufi Chants
Doug McKern – Additional Backing Vocals, Samples