Recensione: Machinegear
La televisione ci fa credere che per diventare famosi basta riuscire a sopportare una lunga fila, salire su un palco ed esibirsi davanti a dei “giudici”. Se ci scelgono finiamo in mani di esperti che ci prendono, ci trasformano e ci impongono il loro stile; non importa quello che siamo e quali siano i nostri sogni. Queste sono le regole dei “talent show” odierni, che inducono a pensare che il vincitore ce l’abbia fatta con relativa facilità. Sono però ben pochi quelli che, iniziando da questi programmi, sono poi riusciti veramente a “sfondare” ed a proseguire nella loro carriera.
Quanto sopra non è un giudizio su chi sceglie questa strada, ma la realtà del mondo musicale italiano è ben diversa e chi decide di affrontarla deve lavorare duramente e fare tanta “gavetta” prima di arrivare ad un risultato. Dietro a coloro che hanno successo, che riescono a far diventare la loro passione un lavoro, vive un folto sottobosco underground fatto di sacrificio e fatica, ma anche di talento e preparazione tecnica, frutto di studio e totale dedizione alla propria arte. Ne fanno parte musicisti di ogni genere e stile, accumunati dalla voglia di suonare, disposti a fare chilometri per finire in un posto dove l’acustica equivale a quella di un bunker di cemento od in un locale talmente piccolo che per far spazio bisogna spostare i tavolini. Ad uno di questi concerti ho conosciuto i Machinegear, giovane band genovese legata al genere Thrash.
Formatisi nel 2014 da un’idea di Damiano Logozzo (chitarra solista) e Federico Benizzelli (chitarra ritmica e voce), dopo aver stabilizzato la formazione con l’introduzione di Giacomo Repetti al basso e di Daniele Barbarossa alla batteria, iniziano l’attività live ed a comporre materiale proprio. Attraverso l’utilizzo di toni cupi ed oscuri, il combo privilegia un sound moderno, pur rispettando la vecchia scuola anni ’80. Chiare sono le influenze derivate sia dalle sonorità melodiche del Thrash Bay Area che da quelle più brutali di stampo europeo.
I pezzi nascono dalla fusione delle idee di Federico, principale compositore ed arrangiatore, con la conoscenza di teoria musicale di Damiano e le doti tecniche di Giacomo. Il risultato è uno stile proprio, formato da corpose sezioni ritmiche, grandi assoli, chorus grintosi ed una voce growl che lega il tutto senza strafare. Materiale da palco, sul quale il combo si trova a proprio agio sapendo coinvolgere il pubblico, come una band più veterana, ma con la naturalezza e l’istinto tipico dei giovani.
Nel gennaio del 2015, dopo un’intensa attività live in ambito più che altro genovese, incidono il primo demo, dal titolo “Machinegear” e composto da tre brani. La registrazione non è proprio raffinata, ma sufficiente per apprezzare il valore dei musicisti non snaturando il sound che propongono.
Le tre canzoni delineano pienamente le idee del gruppo. L’opener “Death From a Box” è caratterizzata da una velocità non eccessiva e da un buon cambio di tempo nel refrain. Originale è l’assolo di batteria che introduce il finale. Nella seconda “Rats On The Wall” è invece protagonista una parte melodica centrale confluente in un solo di twin guitar che ricorda i Metallica degli esordi. Il demo si chiude con “Machinegear”, brano veloce di forte coinvolgimento. In tutte le tracce la ritmica è energica, con il basso in prima linea. I cambi di tempo sono ben congegnati, intrecciati correttamente con i buoni assoli di Damiano, che sono sempre inseriti al punto giusto della canzone. Il Vocalist interpreta con enfasi i testi e la scelta di usare la tecnica growl in modo non eccessivo è più che azzeccata. Solo la batteria doveva essere messa più in evidenza, dando maggiore importanza all’uso della doppia cassa (o doppio pedale che sia).
Per quanto riguarda i testi, sono di vario genere, ma tutti legati da un filo conduttore che è dato dal significato del nome del gruppo: un sofisticato insieme di ingranaggi e macchinari che simboleggia la modernità del mondo occidentale dopo le rivoluzioni industriali degli ultimi due secoli e tutto ciò che esse hanno comportato.
Certo la band ha ancora tanta strada davanti, ma ha sicuramente imboccato quella giusta e la sta percorrendo con passione e buona determinazione. A mio parere possono cominciare a pensare al loro primo album. Nel frattempo godiamoceli dal vivo.
Andrea Bacigalupo