Recensione: Made In 1979
Motörhead
Made In 1979
Overkill & Bomber
40esimo anniversario
I tempi sono proprio cambiati, come probabilmente è giusto che sia. Sono passati quarant’anni dall’uscita di due dei più scintillanti album della storia dell’Acciaio e la BMG ha ben pensato, per il tramite di Made in 1979 di celebrarne l’anniversario con una sontuosa confezione che li racchiude, insieme con altre chicche assortite. Svelare quali essi siano equivale a scomodare il segreto di Pulcinella. Nel 1979 il mondo della musica tutto – allora, a livello di mass media, la si viveva a 360°, non esistevano le catalogazioni e le settorializzazioni di oggi – venne scosso da una coppia di uscite degne di un uno-due di George Foreman, formidabile boxeur dalla potenza devastante: Overkill, il 16 marzo e Bomber, il 27 ottobre. E fu subito massacro! Autore di quelle due mazzate a forma di 33 giri un trio, o meglio, come si usava dire un tempo, un power trio, formato da Ian Fraser Kilmister, Edward Allan Clarke e Philip John Taylor. Tre brutti ceffi, degli autentici reietti figli della recessione che stava vivendo l’Inghilterra in quel periodo, che vide la nomina a Primo Ministro della Lady di Ferro Margareth Thatcher, insediatasi al civico 10 di Downing Street proprio quell’anno. Un tris di “elegantoni“ che venne prontamente bollato dalla stampa come la “Miglior Peggiore Band del Mondo”, nel ‘75. Il loro nome era, ed è, e per sempre sarà: Motörhead!
Nel 1977 dopo varie tribolazioni e un disco inciso nel ’75, On Parole, poi pubblicato proprio nel 1979, fecero uscire il full length di debutto, semplicemente intitolato Motörhead. Un disco che rivelava al mondo l’ugola a grattugia di Lemmy, bassista e cantante e il “tiro” dell’accoppiata “Fast” Eddie Clarke (chitarra)/”Philthy Animal” Taylor, batteria. Sebbene acerbo, insieme con le date dal vivo effettuate dalla band contribuì a far conoscere il moniker del gruppo, là fuori, nonché il proprio sibolo, lo snaggletooh, posto in copertina. Fu del ’78 l’approdo alla Bronze Records e venne poi il 1979.
I tempi sono proprio cambiati, scrivevo a inizio recensione. Già, perché pensare che oggi possano uscire da parte della stessa band due schegge di Metallo incandescente come Overkill e Bomber NELLO STESSO ANNO, per di più a distanza di soli sei/sette mesi è pura utopia. Vuoi perché certuna qualità ormai sia divenuta merce rara, vuoi perché le leggi di marketing suggerirebbero di agire in maniera diversa, più “programmata”, secondo un “progetto”, sulla base di “studi di mercato”.
Nel 1979 la musica, in molti casi, era ancora di proprietà delle band, non del “bisinisse”. Quindi, quando un album soddisfaceva, BANG!, si faceva uscire e poi si andava in tour. Esattamente come fecero i Motörhead portandosi dietro gli altri alfieri – i Saxon, allora ancora giovani promesse – dell’Acciaio made in UK, lungo il Bomber Tour, uno fra i più infuocati della storia dell’heavy metal. Dalla Victoria Hall di Hanley, il 22 novembre, al Corn Exchange di Cambridge, il 14 dicembre, passando per Manchester, Leeds, una doppietta all’Hammersmith Odeon; poi Newcastle, Birmingham, solo per citare le location più mitiche.
Con Deep Purple e Black Widow al palo, Black Sabbath, Judas Priest e Uriah Heep senza dischi in uscita quell’anno, nel 1979 i Motörhead ebbero vita facile. Si fa per dire, perché la qualità non mancava di certo nemmeno in quel momento, in ambito duro. Basti pensare a In Through the Out Door dei Led Zeppelin, Lovehunter dei Whitesnake, Down to Heart dei Rainbow, Black Rose: A Rock Legend dei Thin Lizzy e, sebbene ancora non completamente a fuoco, l’esordio omonimo dei “soci” Saxon. Trascurabili le insidie provenienti da oltre confine: a livello di efferatezza Lem e soci non avevano modo di temere Alice Cooper, Van Halen, Kiss, Blue Oyster Cult e Scorpions.
L’effetto di OverKill e Bomber, fra i cuori dei die hard fan del Metallo fu D-E-V-A-S-T-A-N-T-E! La violenza heavy metal espressa dai tre Motörhead non aveva pari, tanto che i dischi di cui sopra sembrava partecipassero a un campionato a parte. Quel suono insano, irriverente, pose il seme del male che avremmo poi ritrovato più avanti all’interno delle nere trame allestite da Venom, Bathory, Hellhammer, Slayer e Bulldozer, solo per elencarne cinque.
Il grado di potenza e benevolo rumore dal retrogusto punk elargito da “Overkill”, la canzone, sino a quel momento, non era mai stato raggiunto da nessun altro. Altri calci in bocca sparsi avrebbero poi consolidato la fama di quei tre terroristi della guerra dei watt: “Capricorn”, “Stone Dead Forever”, “Bomber”, “Stay Clean” e “No Class”. I Motörhead, nel 1979, aprirono la via dell’heavy metal. Quintali di fameliche formazioni presero spunto dalla loro lezione e non a caso, nel 1980, la siderurgia applicata alla musica consegnò agli annali l’anno migliore della propria storia.
Made in 1979, il sontuoso box set licenziato da BMG, consente di rituffarsi in quei momenti magici, a partire dal packaging, disegnato a forma di “chiodo” all’esterno, mentre sul fondo della scatola vi è la parte interna dello stesso giubbotto, con marchiato “79” sull’etichetta bianca, quella dove usualmente si legge la taglia di un capo d’abbigliamento. I Motörhead, nella loro classic killer line-up regalarono, oltre alla musica, anche tanta attitudine che si può rivivere sfogliando il tourbook di Bomber, lo spartito di “Overkill”, la rivista chiamata Melödy Breaker di ben quaranta pagine in bianco e nero, una sorta di numero speciale allestito sullo stile di Melody Maker totalmente incentrato sulla band, con foto inedite più interviste afferenti quel periodo. Per chiudere la parte dedicata alla memorabilia, su di un cartonato, vi è un set di cinque spillette. La parte del leone è ovviamente costituita dai quei due, celeberrimi, album in vinile, riversati e rimasterizzati in digitale dai nastri originali e stampati in LP da 180g. Poi, sempre a 33 giri, due live album e The Rest of ’79 Vinyl. Più in dettaglio, Sharpshooter è un doppio Lp registrato a Le Mans, in Francia, il 3 novembre 1979, a La Rotonde. La resa sonora è considerevole, tenendo conto dei mezzi tecnici dell’epoca ma la cosa incredibile è che Lem, nell’interazione col pubblico, oltre a qualcosa di francese, spiaccica pure delle parole in italiano! Good’N’ Loud è il secondo doppio alive contenuto. Dai suoni interessanti anch’esso, venne catturato al Friars di Aylesbury il 31 marzo del 1979, stecche incluse, come il precedente. Per chiudere, The Rest Of 1979, 33 giri singolo, incarna una formidabile accozzaglia di giudei costituita da versioni alternative di “pezzoni vari” e tracce rare, comprensivo di strafalcioni, voluti, in copertina. Over the Topola su tutti… Last but not least il 45 giri di “No Class”, con gatefold art.
Buon headbanging.
Stefano “Steven Rich” Ricetti