Recensione: Made in Japan
Made in Japan è considerato giustamente 1 dei 10 migliori live rock di sempre se non il più grande.
Le canzoni di questo album sono tratte da 3 serate esplosive registrate nell’agosto del 1972 in Giappone, più precisamente due a Tokyo ed una ad Osaka. I brani sono quasi sempre riarrangiati e rielaborati, zeppi di stupefacenti improvvisazioni, nelle quali i Deep Purple erano maestri.
L’album apre con la classica opener dei Purple, la veloce Highway Star (Machine Head) con due assoli veramente stupendi di chitarra e di organo Hammond dove si colgono le notevoli influenze classiche del chitarrista Ritchie Blackmore e del tastierista Jon Lord.
Si prosegue poi con la bellissima Child in Time (In Rock) dove il cantante Ian Gillan dimostra le sue notevolissime qualità: bravura ed espressività. Da sottolineare anche il lungo solo di chitarra di un Blackmore in stato di grazia.
La terza canzone non ha bisogno di presentazioni… Smoke on the Water (Machine Head), con il suo riff che ha fatto storia negli annali del rock, qui nella sua versione migliore… confrontatela con quella da studio poi sappiatemi dire.
The Mule (Fireball) è forse il punto più basso dell’album (ciò non vuol dire che sia brutta), da ricordare il terremotante assolo di batteria ad opera del sempre ottimo Ian Paice.
Il CD prosegue con Strange Kind of Woman (singolo di Fireball) ed il grande “duello” chitarra-voce. Gillan riproduce i riffs di Blackmore in modo pressocchè identico in una sorta di sfida artistica che terminerà in parità assoluta.
E’ poi il turno di Lazy (Machine Head) introdotta dai sintetizzatori di Lord che si evolvono poi in ottimo boogie caratterizzato dall’armonica di Gillan.
L’ultima canzone è la lunghissima Space Truckin’ (Machine Head), 15 minuti di carica, energia, folli improvvisazioni da consegnare alla storia.
Da notare che nell’edizione remaster è presente un secondo CD contenente 3 encore: una ottima Black Night (singolo di In Rock), una cattivissima Speed King (In Rock) con tanto di guitar smashing ed il classico di Litlle Richard, Lucille che non fanno altro che confermare un successo già sancito dall’inizio dell’ascolto.