Recensione: Madmen And Sinners
Dopo la collaborazione con Paul Rodgers e un disco solista in cui questo polistrumentista ci dimostra di essere specializzato in chitarre fretless, Tim Donahue ritorna sulla scena progressiva in compagnia di un altro cantante d’eccezione come James LaBrie per presentarci sessanta minuti di acerbo progressive graffiante degno di attento ascolto. Le impressioni sono semplici ed essenziali perchè quello che l’artista ci propone è il frutto di una sola mente compositiva, quindi nella sua interezza il disco conserva coerenza e filo del discorso, purtroppo però manca della corposità necessaria anche alle migliori idee strumentali: ogni riff avrebbe avuto un accompagnamento più sostanzioso ed uno sviluppo più efficace nel contesto della frase melodica se basso e tastiera fossero stati registrati da due addetti ai lavori e non da un chitarrista, ad ogni modo questo è quanto mi trovo fra le mani. Mike Mangini pesta alla grande, niente male nelle parti violente anche se la sua performance lascia parecchio a desiderare nelle parti che richiedono capacità di essere sempre presenti senza fare troppo rumore. La voce del cantante dei Dream Theater ha piena libertà di manipolare il suo campo d’azione con linee vocali non troppo difficili ma comunque inserite con gusto nella struttura strumentale dei dieci brani che costituiscono questo album. Nota di demerito anche per la scelta dei suoni registrati, la chitarra conserva distorsioni farinose che si sgretolano nel progressivo ascolto mentre al contrario le tastiere sono potenti ma tutt’altro che originali, produzione scarsa insomma anche in quanto a resa sonora.
Tim Donahue – Guitar, Bass and Keyboards
James LaBrie – Vocals
Mike Mangini – Drums
Avrete capito quindi che si tratta di un disco stilato sui binari principali di chitarra e voce. Sezione ritmica e melodica mancano entrambe di due strumenti importantissimi che in questo caso non fanno che seguire la strada scavata dalle chitarre: basso elettrico inesistente con pura funzione di accompgnamento quindi praticamente impercepibile, tastiera efficace ma con funzione prettamente atmosferica. La sufficienza abbondante è comunque meritata grazie ad un songwriting ottimo che contribuisce ad una delle caratteristiche che trovo fondamentale testimonianza della buona riuscita di un album cioè la capacità di farsi riascoltare, insomma eccoci di fronte ad un minuscolo bicchiere di cristallo pieno d’acqua in cui Tim Donahue si perde non capisco come.
Andrea’Onirica’Perdichizzi
TrackList:
01. Million Miles
02. Let Go
03. My Heart Bleeds
04. Feel My Pain
05. Morte Et Dabo
06. Children Of The Flame
07. The End
08. Wildest Dreams
09. Master Of The Mind
10. Madmen & Sinners