Recensione: Mafia
Metabolizzata la splendida parentesi intimista di
Hangover Music Vol. VI, il
caro vecchio Zakk torna a mostrare prepotentemente i muscoli con questo
fiammante sesto album targato Black Label Society. Mafia riporta il
barbuto chitarrista nella sua abituale dimensione di rocker straordinario alle
prese con la ruvidezza della sua Les Paul, e un timbro vocale che ritorna a
urlare al mondo la sua strafottenza musicale, noncurante dei cambiamenti, fedele
ai capisaldi fondamentali che hanno contraddistinto da sempre la sua carriera.
Mafia è semplicemente un’apoteosi di groove mastodontici, micidiali mid tempos
espressi con la consueta rotondità del riffing, bending e wah esasperati,
chitarre dure e profondissime, che assecondano il talento di un musicista che
riesce a donare un tocco unico e inimitabile a soluzioni semplici ma
dall’impatto impressionante. Uno dei dischi più ruvidi e “ignoranti” mai
partoriti dai Black Label Society, un lavoro che si presenta in modo diretto
agli ascoltatori, coerente, irruente come pochi, perfettamente sviluppato nella
sua sorprendente immediatezza che lascia trasparire come al solito un’anima più
profonda e romantica, cupa e all’occorrenza struggente.
Insomma l’universo di Zakk Wylde espresso, a mio avviso, nella forma più
esauriente possibile, un universo fatto di violenza, passione, tormenti
personali, attaccamento alle proprie radici, lunghe scorribande in motocicletta,
sano e godereccio hard rock, amicizia, e riconoscenza. Ed proprio in
quest’ottica che mi piace interpretare il titolo di questo disco, Mafia, non
tanto da collegarsi alla malavita organizzata, ma al significato etico della
parola, all’insieme di affetti e di valori intrinseci che stanno alla base di
un’organizzazione che non verrà mai tradita dagli affiliati, e a cui si lega a
doppio filo la propria intera esistenza.
Un disco corposo, che tocca tutti gli aspetti sopraccitati con rabbia e
all’occorrenza con una delicatezza commovente, un album che si mantiene
costantemente su alti livelli, andando a ovviare all’unico neo della carriera
solista di Zakk Wylde, l’andamento a volte altalenante delle tracklist
presentate dai Black Label Society (ricaduti purtroppo nell’ultima fatica in
studio Shot To Hell), salvando con classe e trasporto anche i pochissimi
scricchiolii di un songwriting scevro da qualsiasi orpello inutile.
Dall’incredibile e terremotante Fire It Up, a What’s In You, dalla “rozzissima”
Suicide Messiah, fino a Forever Down (provate a rimanere fermi ascoltando i riff
che i nostri riescono a tirare fuori dalle vostre casse…), è un susseguirsi di
ritmiche sguaiate e irriverenti, grazie anche al compattissimo duo formato da
Craig Nunenmacher (batteria) e James LoMenzo (basso), ai quali viene dato ampio
spazio per pompare a dovere il sound ruvido di Mafia. Ottima prova anche del
fido Nick Catanese, anche se il bello e il cattivo tempo lo fa il nostro
Zakk,
perfetto alle prese con i tipici mirabolanti assoli e con l’altrettanto tipica voce nasale.
Dopo il micidiale quartetto iniziale, Zakk si siede al piano per dedicare
la struggente In This River al compianto Dimebag Darrel, lasciando
che sia il cuore a trasmettere tutta la malinconia che ha lasciato ad amici e
sostenitori la sua prematura e tragica scomparsa. Ma in Mafia non
c’è molto tempo per rifiatare… You Must Be Blind si fa largo
lentamente, come un esercito di bikers all’orizzonte che si avvicina piano
piano, salvo poi esplodere inesorabile, semplice e diretta come un pugno in
faccia. Le restanti tracce del disco presentano dei toni più cupi che fanno
capolino in Death March, e Too Tough To Die, insieme alla
devastante Electric Hellfire e a Spread Your Wings, semplicemente
splendida, lasciando alla sola Say What You Will il compito di
alleggerire con una bella cavalcata l’aria pesante che si respira in questi
ultimi minuti di Mafia. Dopo un brano di gran classe come Been
A Long Time, la conclusione è affidata alla coppia Dirt on the Grave
e I Never Dreamed (per chi avesse l’edizione con inclusa questa bonus
track), ballate sognanti e decadenti, con quest’ultima che riecheggia a grandi
linee alcune melodie del capolavoro
Book of
Shadows.
In fin dei conti niente di nuovo sotto il sole. Un problema? Affatto, una
considerazione del genere non sarebbe nello spirito di un album come Mafia,
di una band come i Black Label Society e di un fuoriclasse come Zakk
Wylde, uno dei pochi musicisti in circolazione che non ha bisogno di
compiere salti mortali per distinguersi dalla massa… Gli bastano le sue sei
corde, la sua voce e la sua arte. Scusate se è poco.
Stefano Risso
Tracklist: