Recensione: Magic Circle
Dopo aver sentito e letto diversi commenti entusiastici, in parte condivisibili, accompagnare l’uscita di Odin nel 2003, a distanza di 2 anni mi trovo nella spiacevole situazione di dover prendere atto dell’utilità marginale, davvero ridotta, della quarta fiammante fatica dei teutonici Wizard intitolata Magic Circle. Per una volta tanto l’adesivo appiccicato sul digipack, che vede un mago (originalità cercasi) Gandalf Oriented intento a preparare una pozione, ben fotografa lo stile della band definendolo True Power Speed Metal. Basta, infatti, premere Play e dopo un anonimo intro siamo investiti nell’opener Fire And Blood dall’uso del doppio pedale, testi Power oriented e dall’uso aggressivo della voce del singer. Un’ugola, quella di Sven D’anna, davvero potente e lungi dall’essere pulita che ben si amalgama allo sporco lavoro del guitarist Dano Boland. Passando ad un po’ di storia della formazione i nostri hanno cominciato la loro storia nel 1989 e, solo 10 anni dopo, hanno debuttato con Bound By Metal. Un gruppo, quindi, che si è costruito il suo successo, (che li ha portati ad esibirsi con Grave Digger), dopo anni di gavetta nell’underground.
Finiti i preamboli quali sono i limiti di Magic Circle? Il primo risiede indiscutibilmente nella qualità della produzione peggiorata, e di molto, rispetto a quella di Odin: il sound è poco potente limitando notevolmente l’impatto del disco sull’ascoltatore. La struttura delle canzoni è, in secondo luogo, prevedibile e poco innovativa; bastano pochi secondi di ascolto di ogni traccia per prevedere l’iter delle stesse. I cambi di tempo infatti sono, ahimè, una vera e propria rarità spesso preferita a parlati. In generale preferisco i brani più veloci ma in definitiva tutte le song, se prese singolarmente, hanno il loro motivo d’esistere (anche se lungi dall’essere irresistibili) e ti danno la carica con un power aggressivo grazie al cantato di Sven. Gli assoli sono troppo semplici e si trovano quasi sempre a ¾ della durata delle canzoni; quando Dano si cimenta nelle sue scale sai già che le sorprese sonore del pezzo sono finite. A questo bisogna aggiungere che alcuni refrain sono troppo minimali e macchinosi. Tra i capitoli più riusciti cito il tributo cinematografico al film di Peter Jackson di Uruk Hai. Una bella marcia coinvolgente anche se le melodie del chorus le trovo troppo curate per una song che ha come soggetto degli orchi. Notevole anche la sostenuta Death Is My Life che trasmette molta potenza nella parte di riffing. I momenti più facili (in un cd già di per sé semplice) e avvincenti sono, invece, rappresentati da Call Of The Wild (che ricorda i manowar più pacchiani di Louder Than Hell) e Magic Goes On. Quest’ultimo è un up tempo terremotante con la sezione ritmica spinta al massimo per quasi tutta la durata della Hit.
Mi rendo conto di avere messo in evidenza molte pecche ma ciononostante Magic Circle è un album che una sufficienza piena se la merita. Tecnicamente i componenti sanno il fatto loro e le canzoni che compongono il platter sono piacevoli. Il problema è che queste tracce sono troppo facili e simili per non stufare nel loro insieme dopo diversi ascolti. La tracklist è, in poche parole, eccessivamente lunga per quello che i Wizard hanno momentaneamente da dire. A mio parere non bastano alcune Hit discreti/buone e dei testi True a rendere un cd come questo un buon prodotto nel suo genere. In definitiva MC può essere altamente spendibile solo per Defenders integerrimi. Per gli altri, io dico che ci troviamo al cospetto di una prova assolutamente normale che non spicca nella vastità delle nuove uscite del mercato Power.
Tracklist:
1. Enter The Magic Circle
2. Fire And Blood
3. Call Of The Wild
4. Death Is My Life
5. On Your Knees
6. Metal
7. Uruk Hai
8. Circle Of Steel
9. Warriors Of The Night
10. No Way Out
11. The Magic Goes On
12. Don’t Say Goodbye