Recensione: Magic Never Dies
Diamo il benvenuto, o meglio, il bentornato al quintetto italo-inglese, i Power Quest, giunti al terzo album, Magic Never Dies, successore del sorprendente Neverworld e dedito ad un power-happy metal dai contorni fini e dalle caratteristiche ben delineate.
Alessio Garavello e Andrea Martongelli, rispettivamente voce e chitarra dei nostri Arthemis, si sdoppiano e riescono a far uscire a pochissimi mesi di distanza due ottimi lavori quali Back from the Heat e questo bel dischetto che non mancherà di soccorrere in aiuto a tutti coloro che considerano questo genere fondamentale per il proprio percorso musicale.
A differenza di quanto succede negli Arthemis, gli italiani non hanno praticamente voce in capitolo nella fase di songwriting infatti, il 90% del disco, è costruito secondo le idee del tastierista Steve Williams che ricorre spesso e volentieri ad una formula ben collaudata ma ripetitiva e piuttosto logorante appiattendo, talvolta, il colorito anche se mai sorprendente sound.
Tanto per darvi un’idea di ciò che andreste a sentire, i Power Quest sembrano un po’ i Dragonforce che rientrano nei limiti di velocità consentita; la produzione è infatti molto simile a quella dei frenetici cugini e il genere è il medesimo.
Consentitemi di spezzare una lancia a favore del nostro Alessio, cantante in gran spolvero e ben più preparato del collega britannico, anche se è apparso ancor più completo sull’ultima produzione degli Arthemis; qui, infatti, il taglio della sua voce è poco graffiante e meno aggressivo di conseguenza a quelle sonorità cartoonesche che si amalgamano esclusivamente con un’impostazione vocale di un certo tipo.
Le tastiere sono l’elemento base sulle quali si erige l’intero sound dei Power Quest e, a conferma di quanto appena detto, dopo la solita introduzione ad effetto, Find My Heaven ricrea una dimensione melodica esasperata dalle keys, spezzata in due dalla sei corde di Andrea che, per l’occasione, sfrutta l’entrata in scena con un guitar-solo elettrizzante.
La carrellata di brani disponibili prosegue a ritmo sostenuto con Galaxies Unknown e ci regala quasi subito la hit-song del disco, Hold On To Love che, si pone in evidente contrasto stilistico, assumendo le sinuose forme care agli Europe di The Final Countdown e contrapponendole ad un hard-rock di facile presa.
Diamond Sky, l’unica proposta dal duetto tricolore, si lascia influenzare dal metodo Williams regalando però maggiore spazio alla chitarra dell’ottimo Martongelli.
E’ tempo di ballad, The Message, che si riduce ad una semplice boccata d’ossigeno prima del lungo rush finale nel quale emerge, fra le altre, l’arrembante title track, song che incorpora per intero lo spirito dei Power Quest.
Fresco conduttore di happy metal, Magic Never Dies, è un disco non sempre all’altezza delle aspettative e, seppure non sia grado di bissare il successo del supporto ottico pubblicato in precedenza (comunque è senz’altro migliore del debutto Wings of Forever) , è stato “preparato” utilizzando gli ingredienti al momento giusto ed al posto giusto.
La ripetitività dei 10 capitoli eseguiti mina il solito fattore longevità, pertanto, sconsiglio l’acquisto a coloro che sperano di trovare in esso un disco power che duri costante nel tempo.
Gaetano “Knightrider” Loffredo
Tracklist:
1.Ascension (Intro)
2.Find My Heaven
3.Galazies Unknown
4.Hold On To Love
5.Diamond Sky
6.The Message
7.Soulfire
8.Children of the Dream
9.Strike Force
10.Another World
11.Magic Never Dies