Recensione: Magica
Colmiamo una lacuna su questo sito che si chiama Magica: finalmente un cd degno del nome R.J. Dio. Il suddetto concept album infatti, segue quelli che secondo me sono due studio album abbastanza mediocri come Angry Machines e Strange Highways, rispolvera in parte la gloria degli anni andati con un disco ben fatto. Calandomi tuttavia nell’utopistica quanto scomoda figura del recensore obiettivo di turno non posso accogliere Magica in termini entusiastici e trionfalistici. La line up della band è stata stravolta rispetto a quella del ’96 e spicca il ritorno del chitarrista/tastierista Craig Goldy, molto gradito anche per il valido aiuto che offre a Dio nella delicata fase di songwriting. L’album come detto è sicuramente piacevole, sebbene manchi di quell’appeal che a distanza di anni ci faccia venire la voglia di metterlo con una certa continuità nel lettore.
Dopo ben due intro si comincia con Lord Of The Last Day. Una song che cammina con grandi passi cadenzati e che con incredibile (e voluta) fatica svela buone estensioni vocali nel finale per un sound epico, possente e pieno di drammaticità che coinvolge prima del ritorno alle sonorità iniziali. Un riff riuscito ci prende e non ci lascia più; in uno stato di semi ipnosi stiamo lì ad ascoltare e ripetere la marcia dalle buone linee melodiche Fever Dreams. Dopo la molto accademica Turn To Stone segue il parlato distorto (di un alieno?) per l’oscura Feed My Hand. Niente male il chorus estremamente cadenzato, (sembra di vedere il picchiare di un martello su un’incudine) ed il break cui si accoda un assolo riuscito e sufficientemente lungo. Proseguendo nella disamina verso la fine del disco ancora una volta Dio ci propone un pezzo cadenzato: Eriel. Orchestrazioni e rock si uniscono con sapienza per sette minuti originali e di grande caratura da riascoltare molte volte. E le track più veloci dove sono andate a finire, direte Voi? Challis, che comunque è ben lungi dal poter essere definita un up tempo, ricorda un po’ troppo il passato girando intorno un buon lavoro di chitarra ma dopo quattro minuti comincia a stufare. Segue la power ballad As Long As It’s Not About Love assolutamente piacevole per apprezzare le qualità canore di Ronnie mentre in successione giunge un arpeggio medievale ad introdurre Losing My Insanity. Come scontato e giusto che sia con il passare dei secondi la chitarra elettrica in un bel crescendo prende il sopravvento con decisione. L’onore di chiudere il prodotto spetta all’ennesimo mid tempo Otherworld non meritevole di ulteriori descrizioni. Inutili e troppo fugaci la ripresa di Magica e Lord Of The Last Time al pari del parlato di 18 minuti riservato solo ed per gli amanti delle lyrics e del concept album.
Come detto in apertura Magica non passerà alla storia come uno dei migliori dischi della carriera solista di Ronnie James Dio. In un’ipotetica linea rappresentante per qualità la discografia del frontman italo americano, Magica lo piazzerei in mezzo; tra i grandi capolavori dell’inizio (più Dream Evil) e le mezze delusioni della metà degli anni ’90. Un album quindi che si lascia indubbiamente ascoltare senza problemi. Nella tracklist ci sono dei buoni pezzi ma mancano killer tracks e momenti di puro godimento che lo rendano appetibile agli ascolti ripetuti nel tempo. Un disco più che discreto, quasi buono, che consiglio di fare vostro tenendo conto anche del fatto che credo lo si possa trovare ad un prezzo decisamente abbordabile.
Top Songs: Fever Dreams, Eriel, Losing My Insanity.
Skip Song: Turn To Stone.
Tracklist:
1. Discovery
2. Magica Theme
3. Lord Of The Last Day
4. Fever Dreams
5. Turn To Stone
6. Feed My Head
7. Eriel
8. Challis
9. As Long As It’s Not About Love
10. Losing My Insanity
11. Otherworld
12. Magica – Reprise
13. Lord Of The Last Day – Reprise
14. Magica Story
