Recensione: Magnus Venator
In un universo musicale le cui massime espressioni, negli ultimi anni, sono andate alla ricerca di un grande lavoro di produzione e soprattutto di pulizia del suono, allontanandosi quindi dagli stereotipi radicalizzati di questo genere, ascoltare un gruppo come i Katavasia è come fare un viaggio nel tempo e rivivere gli anni ’90.
Già, perché la band ricalca perfettamente i tratti del black metal ellenico, quella che è stata una variante artistica al movimento scandinavo più che una netta contrapposizione allo stesso: sound grezzo, quasi da “registrato-in-presa-diretta”, cantato distinguibile che dà forza alla struttura musicale; non poteva essere altrimenti, poiché parte dell’attuale line up ha militato nei Varathron, band che ha contribuito notevolmente all’affermazione di questo movimento. L’immagine scelta come cover dell’album dà forza alle radici musicali della band e ripropone alcuni elementi che richiamano alla cultura classica: un diavolo il cui volto ricorda la Gorgone, mentre il basso ventre dello stesso è coperto da nubi e lingue di fuoco che sembrano quasi fulmini di Zeus; sul lato dell’album, una serie di simboli pagani riconducibili alla stregoneria.
L’album presenta i tratti tipici del black metal ellenico, con ampie influenze etniche, che danno quella ventata di novità e freschezza che lo rendono godibile ed a tratti imprevedibile. Il riffing selvaggio e oscuro di Daughters Of Darkness rende il brano il più adatto con cui iniziare questo viaggio: davvero un ottimo pezzo, caratterizzato da un intermezzo etnico che dà sostanza ed unicità. The Tyrant attacca con un parlato che potrebbe ricordare, con le dovute differenze, quello di Cristopher Lee (l’attore che ha interpretato Saruman ne “il Signore degli anelli”, per intenderci) con i nostri Rhapsody: un gran bel pezzo, probabilmente il migliore di questo Magnus Venator, caratterizzato da un’eccellente base armonica attorno alla quale si sviluppa tutta la canzone. Blood Be My Crown è caratterizzata dal pestaggio selvaggio di Foivos, che alla batteria detta legge, Chthonic Oracle ripercorre la stessa struttura con più aria e con un cantato che valorizza il pezzo. A metà album troviamo la strumentale Saturnalia Magnus Cult, un piacevole intermezzo che ci introduce alla seconda parte nella quale la produzione è maggiormente curata.
Triumphant Fate e Sinistral Covenant sono due pezzi in cui il cantato e il riffing si amalgamano bene ed emergono, ruotando attorno a basi ritmiche di tutto rispetto. Hordes Of Oblivion e Babylon sono due pezzi davvero molto belli, da notevole impatto live: la forza, l’oscura epicità che li caratterizza, ci fa immaginare il gruppo sul palco che suona mentre legioni di fans ondeggiano.
Un bel lavoro, questo dei Katavasia, che danno il meglio in quello in cui sono più bravi: creare musica grezza e di grande impatto live.