Recensione: Main Frame Collapse [Reissue 2016]
Dopo aver creato un seguito invidiabile grazie a nastri ormai famosi come “Thrash The Unthrashable…” e “Total Schizophrenia”, i catanesi Schizo approdano finalmente al traguardo su vinile, confezionando con “Main Frame Collapse ” un assemblaggio di undici tracks condotte sui binari del thrash metal più dirompente e frontale. Va sottolineato anzitutto che la band ha raggiunto in occasione dell’LP la coesione e l’esperienza che mancava alle precedenti realizzazioni, limitando le situazioni esclusivamente “rumoristiche” del recente passato e compiendo quel salto di qualità a livello tecnico necessario per essere competitiva quantomeno a livello nazionale. “Main Frame Collapse” è un buon thrash album che senz’altro non deluderà le attese di chi segue il trio siciliano fin dai 1984, un platter che sotto il profilo compositivo evita l’uniformità riscontrabile altrove, grazie a songs decisamente diversificate e ricche di potenza ed energia, supportate da una produzione (a cura dello stesso bassista Alberto Penzin) non eclatante, ma neanche mediocre o scadente, che esalta a sufficienza l’impatto dello speed-attack della formazione. Premesso ciò, rimangono le riserve sulle scelte stilistiche del gruppo: per quanto mi riguarda continuo ad asserire che sui tempi lenti e medio-veloci gli Schizo possiedono controllo e padronanza non comuni, doti che in questo disco appaiono ancora più evidenti, mentre gli stacchi ultracore risultano in parecchi casi forzati e gratuiti, principalmente a causa di un batterista troppo orientato su uno stile alla Napalm Death/Bolt Thrower. In ogni caso gli Schizo riescono stavolta a non essere penalizzati più di tanto da questa attitudine, mostrando i segni di una avvenuta evoluzione che permette di guardare al prossimo futuro con una notevole dose di ottimismo. Alla luce di questo discorso i brani più centrati dell’intero lavoro risultano essere “Make her Bleed Slowly”, “Removal, Part 1 & Part 2”, “Violence at the Morgue” e l’inaspettato strumentale “Behind That Curtain”, contenente sorprendenti aperture melodiche e d’atmosfera che testimoniano un inedito volto del trio di Catania. “Main Frame Collapse” (che fra l’altro vede la presenza di Ingo dei Necrodeath come guest vocalist in ben sei brani) è un ottimo biglietto da visita ed un altrettanto dignitoso punto di partenza per una completa messa a fuoco delle idee e per lo sfruttamento ottimale delle innegabili doti in possesso di Alberto & soci; attendiamo fiduciosi gli sviluppi…
Questa la recensione uscita “in tempo reale” a firma Paolo Piccini di Main Frame Collapse, primo full length degli Schizo, all’interno delle colonne del numero 59 della mitica rivista specializzata H/M.
Occasione per tornare a parlare del combo siciliano lo dà la recente ristampa del disco in versione remaster effettuata dalla sempre attenta label italiana Punishment 18 Records, che accompagna il Cd con un booklet di otto pagine che volutamene – e giustamente – rimanda sia per grafica che per contenuti al vinile originariamente uscito nel 1989. A quel tempo, i maestri del rumore di casa nostra rispondevano ai nomi di Ghostrider (poi Necrodeath), Bulldozer – curioso verificare che la recensione di Neurodeliri apparve nello stesso numero di H/M, il 59 – ed Extrema. A questo proposito, val la pena scomodare alcuni stralci della recensione di Main Frame Collapse pubblicata su questi stessi schermi a sfondo nero nel 2006, da parte di Alberto “Hellbound” Fittarelli, cuore pulsante del Truemetal della prima ora.
Si è spesso sentito citare, tra gli artisti metal italiani, il nome degli Schizo con aria reverenziale, come pionieri della scena estrema della Penisola. A ragione. La band, formata nel lontanissimo (musicalmente parlando) 1984 ed iscritta quindi nel ristrettissimo circolo che vedeva all’opera, negli anni ’80, solo Bulldozer (1980) e Necrodeath (1985) per l’estremo italiano, si dichiarò da subito ispirata dalla primordiale scena thrash tedesca, così come da Venom, Hellhammer e compagnia bella, senza dimenticare una componente proveniente dal punk più duro. Insomma, tutto ciò che di realmente “estremo” l’epoca proponeva, alimentando la passione di pochissimi pazzi in giro per l’Italia.
Main Frame Collapse, del 1988, fu l’apice della loro brevissima carriera, un LP mai ristampato su altro supporto sino ad oggi e circolato come vero e proprio culto tra gli appassionati di cui sopra: un suono primordiale (è un po’ la parola chiave di tutta questa recensione, come del resto di quegli anni) e precursore, che influenzò negli anni successivi decine di band; giusto per citarne una, un certo Dani Filth li ha sempre citati come parte della propria crescita musicale… In realtà le cattivissime canzoni degli Schizo nulla avevano a che vedere con goticismi sinfonici, allineandosi a patterns di batteria spesso esasperati ed a vocal aspre, ma ancora legate strettamente al filone thrash. Una Epileptic Void esemplifica bene quanto detto sopra: una batteria lanciata ma dinamica, un chorus da vero e proprio inno, assoli semplici e dissonanti in perfetta sintonia col mood generale e una carica dirompente.
Tutta la tracklist in realtà è una summa di quanto la mentalità del tempo permetteva di intravedere come ‘sperimentazione’ (ricordiamo che sonorità come queste rompevano molte, ma molte barriere nel Paese di Sanremo, in quei tempi!): le vocals di Ingo, attivo anche nei primi Necrodeath, incorniciano vere e proprie schegge di violenza come Removal (divisa in due parti, una sorta di proto-grindcore), l’altrettanto breve e brutale Violence At The Morgue o la più strutturata Threshold of Pain.
Tornando alla ristampa Punishiment 18 Records targata 2016 del disco che dipinge a tinte estreme il progredire costante della schizofrenia… la Storia – con la “S” maiuscola – del rumore italiano passa necessariamente da questi solchi; costituirebbe peccato mortale non effettuare il doveroso “ripasso”.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
Schizo: foto tratta dalla rivista H/M numero 72, ove comparve un’intervista di tre pagine alla thrash band catanese