Recensione: Malediction

Di Stefano Santamaria - 1 Dicembre 2017 - 0:00
Malediction
Band: Vassafor
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2017
Nazione:
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80

Caotico e malefico ecco arrivare l’ultimo disco in studio dei Neo Zelandesi Vassafor. La band, composta da due membri, è attiva dal lontano 1994, vede all’attivo solo due full-length (compreso questo) ed una serie di ep e demo. Il progetto ha chiaramente un’attitudine underground, approccio sonoro ruvido e confuso, definibile black, ma pregno anche di altre sfumature. Parliamo di attitudini vicine al thrash e al death più arcaici, con divagazioni al rock più cruento e maleodorante. 

Cigolii, accelerazioni di chitarra e voci gutturali di sottofondo esplodono in un conato di odio, una sorta di marchio che come maledizione brucia per non farsi dimenticare. I brani vivono di litanie che soggiacciono agli strumenti, preghiere in sottofondo che come eco lontana bolle frastornandoci.

 Le melodie e le strutture, pur trasudando di indefinito, mostrano una certa complessità e fantasia. L’imprevedibilità viene resa da assoli e cambi di ritmi repentini che non ci lasciano veri punti di riferimento. Annebbiati veniamo altresì colpiti da questa babele di strumenti  che ci cade addosso con mefistofelica precisione. La produzione è obnubilata, così da esaltare ancor di più il turbato intento degli artisti. Un sound arcaico ma che riesce certamente a far breccia e a colpire anche chi guarda con curiosità a qualcosa di alternativo. Se andate cercando rivoluzioni qui non ne troverete, sia chiaro, però c’è un non so che di personalità in talune soluzioni stilistiche. Ciò che ci colpisce di più sono le ambientazioni, anime sperdute il cui terrore alimenta guardiani lascivi che ne dirottano la corsa per diletto. 

Malediction” è la nave di Caronte che ci porta in un luogo di mistero, campanello che suona e che annuncia una marea nera che tutto fagocita. Pezzi di lunga durata, che in taluni istanti possono anche toccare le corde degli amanti del doom, restando però solo a flebili citazioni. Brani come ‘Devourer of a Thousand Worlds’ e ‘Black Winds Victoryant’ riescono, nonostante la corposità, ad essere dinamici, grazie anche ad alcune dissonanze che rendono non così immediato il disco.  ‘Emergence (Of an Unconquerable One)’ è uno dei pezzi più violenti ed immediati di “Malediction”, forse quello più thrash/death del lotto in più suite, che in una forma decisamente più gretta, ci ricorda i Nocturnus. Vi consigliamo vivamente l’ascolto dei Vassafor, piacevole sorpresa che crescerà ascolto dopo ascolto, mostrando di sé sempre nuovi spunti.

 

Stefano “Thiess” Santamaria

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