Recensione: Malmignotta

Di Andrea Bacigalupo - 19 Maggio 2024 - 8:30
Malmignotta
Band: Sfregio
Etichetta: Nadir Music
Genere: Thrash 
Anno: 2024
Nazione:
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80

Una palanca di meno ma il diritto al mugugno

Si dice che gli antichi marinai genovesi preferissero guadagnare un po’ meno pur di poter mugugnare, ossia protestare e discutere gli ordini.

Oggi questa parola onomatopeica ha più il significato di sterile brontolio, cioè di chi si lamenta senza cambiare le cose, ma all’epoca i marinai genovesi, mugugnando, difendevano la loro libertà d’espressione.

D’altra parte il contesto sociale di alcune zone della “Superba” ad oggi non è molto diverso da quello di fine anni ’70 in Inghilterra o da quello di alcuni settori devastati della Ruhr degli anni ’80-‘90, dove disoccupazione, povertà e disperazione dilagavano a fiumi portando ad agitazioni e contestazioni.

Contestare, appunto mugugnare, è rimasto nell’indole genovese e belin se gli Sfregio mugugnano con questo ‘Malmignotta’, nuovo album disponibile dal 23 febbraio 2024 tramite Nadir Music, il cui titolo storpia, in modo inequivocabile, il nome comune della Latrodectus tredecimguttatus: la malmignatta, la vedova nera mediterranea, una delle poche specie di ragno del nostro territorio che può essere letale per l’uomo (guarda caso degli ultimi quattro attacchi fatali avvenuti nel 1987, due sono accaduti proprio nella Provincia di Genova).

Gli Sfregio, in giro, anche se a fasi alterne, da circa 16 anni, sono conosciuti, oltre che per il loro Thrash/Punk/Rock ‘N’ Roll, per i testi sarcastici e sboccati, cantati senza freni inibitori rigorosamente in italiano, per essere sicuri di farsi capire.

Malmignotta’, quinto album, non è da meno dei suoi predecessori: pieno di volgarità al limite della blasfemia, ilarità e sarcasmo, tanto che, se lo si ascolta superficialmente, può sembrare solo pieno di cazzate e luoghi comuni.

Se però si approfondisce, ci si rende conto che, affiancata ai testi all’insegna del “viva la foca … che dio la benedoca” e del “tira più un pelo di mussa che un carro di buoi” c’è un’attenta analisi, nuda e cruda, soprattutto scomoda, di quanto accade intorno alla gente comune, che non va bene ma che, in qualche modo, viene accettato.

Prendiamo, ad esempio, ‘Plastica’: dove gli Sfregio affrontano in un sol colpo il tema importante della raccolta differenziata della rumenta e quello del “soffocamento” globale da plastica, specificando che del primo non riusciamo a capirne l’importanza (generalizzando, s’intende), quasi dà fastidio, e che del secondo, alla fine, siamo schiavi, non riuscendo a rinunciare all’uso della plastica, favorendo chi specula su questo.

Oppure il tema dei negozi cinesi (‘Cinesi’), che hanno invaso il mercato vendendo ogni tipo di merce, sì a basso costo ma di bassa qualità. I mugugni della gente vengono descritti ampiamente e con parecchia ironia, ma, alla fine, le lamentele vengono sopraffatte dalla situazione economica e dai Cinesi ci andiamo un po’ tutti.

Ed ancora pongono un forte accento sul degrado urbano, prendendo come esempio quello che meglio conoscono: i vicoli di Genova (‘Vico dei Cartai’), tessuto storico vicino al Porto nel quale molte zone vivono un periodo di forte declino sociale nonostante durante le Colombiadi si fosse cercato di risanarle. La denuncia dell’interesse a lasciare che le cose restino così è parecchio pesante e marcata.

Anche argomenti meno urgenti, ma altrettanto importanti, vengono toccati come il giudicare con superficialità. Qui la band prende come riferimento il proprio mondo artistico: intervistatori che non lasciano spazio, recensori che quasi non ascoltano ma sentenziano … la soluzione è una sola: ‘Non rompere i coglioni’ e datti un’occhiata in giro.

Pure i brani che parlano di gnocca (‘Ciabatte e Spazzolino’ e ‘Psycho Figa’) possono sembrare sessisti e volgari, ma in realtà non fanno fare una gran bella figura al maschio che si rivela vulnerabile di fronte all’arma propria della donna, paragonata, proprio per questo, alla Vedova Nera delle nostre parti.

Musicalmente, ‘Malmignotta’ è un disco dal tiro esplosivo, con canzoni molto da palco, un insieme ben costruito di Punk selvatico, Thrash ruvido e Rock ‘N’ Roll stradaiolo, con una maggiore propensione per quest’ultimo e con una certa attenzione all’orecchiabilità. Gli Sfregio, con questo nuovo album non cercano attenzione tramite il fastidio sonoro ma bensì con il coinvolgimento. I brani, per quanto sparati e sintetici sono fluidi, s’insinuano nell’anima e ci si mette un attimo a canticchiarli (con tutti i rischi di denuncia del caso).

Giri di basso esaltanti, ritmiche roventi, assalti all’arma bianca, sfacciataggine ed una faccia come il K..O a cui si aggiunge l’atmosfera inquietante di ‘Psycho Figa’ ed il blues elettrico di ‘Non Rompere i Coglioni’ … il lavoro è praticamente completo. 35 minuti scarsi di buon umore, ma anche di riflessione, se si vuole, altrimenti di solo Rock ‘N’ Roll da slogarsi il collo … questo dipende da voi.

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