Recensione: Maniacal Miscreation
Chi poteva pensare che ci fosse un limite, all’uso della tecnica canora dell’inhale, si sbagliava. I Cerebral Bore, in “Maniacal Miscreation”, dimostrano che un uomo si può trasformare, come se fosse un incantesimo della maga Circe, in un maiale. A parte la scherzosa metafora dall’omerico sapore, l’olandese Simone “Som” Pluijmers, vocalist femminile del combo scozzese, dimostra che la voce umana, se usata con la giusta tecnica, non possiede limiti di sorta. Accanto a un growling che si basa sui più profondi gorgoglii presenti chissà dove fra i suoni ‘possibili’ delle corde vocali, la Pluijmers affianca un’infinita serie d’inspirazioni sonore dal suono assai simile a quelle prodotte dai suini, appunto. Con il risultato, folle, di caratterizzare in maniera sorprendentemente unica il brutal death metal sciorinato dai suoi compagni d’avventura. Non che tale modo di cantare sia una novità, in questo particolare sotto-genere death, tuttavia non è così facile trovare band che basino le loro linee vocali su un inhale posto in questi termini d’idee.
“Maniacal Miscreation” è il primo full-length, per l’act di Glasgow. Formatosi nel 2006, nello stesso anno viene dato alle stampe il primo demo d’ordinanza: “The Dead Flesh Architect”. Nel 2009 è la volta di un singolo, “24 Year Party Dungeon”, dopodiché i Nostri entrano nei Foel Studios di Welshpool (Galles) per registrare, con la produzione di Chris Fielding (Primordial, Neuroma, …), “Maniacal Miscreation”; nobilitato dall’ottimo artwork di Colin Marks.
L’approccio professionale alla questione, visto il produttore, regala all’album un suono tremendamente massiccio, caldo e carnoso. Un suono profondo, omogeneo nella sua dose di potenza distribuita in tutte le frequenze dello spettro sonoro. Gli strumenti sono resi in modo chiaro e limpido, senza sovrapposizioni. La batteria, per esempio, pur essendo sconquassante, non copre il guitarwork e i giri di basso. La professionalità non è solo una peculiarità del suono, poiché anche gli strumentisti possiedono una tecnica strumentale sopraffina, perfettamente adeguata al livello di difficoltà che connota l’attuale brutal death metal. Paul McGuire tesse una ragnatela di riff dalle dimensioni pressoché infinite, accelerando e rallentando a piacimento la velocità di esecuzione degli accordi; Kyle Rutherford mulina il suo basso come un ossesso, non lasciando nemmeno una briciola di spazio fra un riff di chitarra e l’altro. Allan MacDonald, ultimo ma non ultimo, utilizza tutto ciò che si può tirar fuori da una batteria, relativamente (ma non solo) al genere suonato. E, su tutti, impera la voce della Pluijmers. Oltre a quanto già scritto, si può aggiungere della sua grande aggressività e smisurata potenza. Una furia, insomma.
E qui finiscono le buone notizie. Quelle cattive, purtroppo (per i tre britannici e la loro compagna dei Paesi Bassi) sono riferibili al sound e al songwriting. Benché la caratterizzazione dell’inhale proposta dalla Pluijmers non si possa discutere, il sound prodotto dal trio McGuire/Rutherford/MacDonald, in sé, non ha nulla d’innovativo; niente che lo possa far distinguere dai caotici canoni tipici del brutal e, anche, del technical. Credo che ci siano centinaia di ensemble che abbiano – escluso la cantante – un sound come quello dei Cerebral Bore: migliaia di note, scale sempre più complesse, accordi dissonanti e accidenti musicali ovunque. Il tutto, spalmato su strutture talmente complesse da essere inintelligibili per l’ascoltatore standard. In un arzigogolo simile, è davvero difficile o meglio impossibile trovare il bandolo della matassa. Con che, alla fine, non si riesce a centrare l’armonia con un sound troppo lontano dalla sana linearità che, volenti o nolenti, ha il rock’n’roll; Madre di tutti i generi metal. Tutto ciò si lega inevitabilmente alla composizione: impossibile, anche ripetendo varie volte gli ascolti, memorizzare un passaggio anche di una sola canzone. Tant’è che sembrano tutte uguali. L’alternativa, che non cambia la sostanza e soprattutto il fastidioso tedio, è pensare a “Maniacal Miscreation” come trentadue minuti di musica ininterrotta, nei quali le song sono solo dei titoli formali e nulla più.
Per questo, si consiglia l’acquisto di “Maniacal Miscreation” solo e soltanto ai maniaci del tecnicismo spinto ai massimi limiti delle possibilità umane ove, ahimè, l’arte non esiste più da un pezzo. Gli altri possono tranquillamente lasciare correre i Cerebral Bore verso chissà dove e passare oltre, in direzione di lavori più comprensibili e meno noiosi.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Track-list:
1. Epileptic Strobe Entrapment 4:49
2. The Bald Cadaver 3:20
3. Open Casket Priapism 5:29
4. Entombed In Butchered Bodies 3:53
5. Mangled Post Burial 2:54
6. Flesh Reflects The Madness 3:56
7. Maniacal Miscreation 3:47
8. 24 Year Party Dungeon 4:24
All tracks 32 min. ca.
Line-up:
Simone “Som” Pluijmers – Vocals
Paul McGuire – Guitars
Kyle Rutherford – Bass
Allan MacDonald – Drums