Recensione: Manifest Tyranny
Gli Andromeda sono evidentemente un gruppo sfortunato: la band svedese in dodici anni di vita, pur avendo attirato attorno a sé un discreto numero di fan, non è mai riuscita a imporsi veramente. Nonostante i coinvolgenti live e i riuscitissimi dischi, ai ragazzi è sempre mancato quel “qualcosa” che permettesse loro di entrare a far parte dei nomi che contano. I nostri non si sono comunque scoraggiati e hanno continuato, fieramente, il proprio cammino nel mondo della musica.
L’ottimo “The Immunity Zone”, uno dei lavori più complessi mai proposti dal combo, pubblicato nel 2008, trova finalmente il suo degno erede nell’ultimo nato in casa Andromeda, “Manifest Tyranny”. L’opera, prodotta dalla Inner Wound Recordings, vede la luce nel 2011 e rappresenta un’ulteriore evoluzione nel sound degli svedesi, che si trovano fortificati da una proposta musicale più compatta e rocciosa, dotata di un piglio quasi thrash in grado di dare maggiore robustezza e aggressività.
I brani, di conseguenza, acquisiscono una struttura più semplice, divenendo più diretti e facilmente assimilabili. Ciò però non significa che venga messa da parte anche la tecnica: i passaggi strumentali, le ritmiche in continua evoluzione e le melodie testimoniano in modo palese le radici progressive del quintetto.
Le linee di chitarra tessute da Reinholdz assieme alle tastiere di Martin Hedin, disegnano le melodie portanti attorno alle quali vengono costruite le dieci canzoni che compongono la tracklist. La sezione ritmica è invece nelle mani del bassista Linus Abrahamson (che brandisce un Walnut Bass a sette corde firmato dalla Woodo, un vero e proprio gioiello) e del mai troppo lodato batterista Thomas Lejon, autore come di consueto di una prova esaltante. Dal canto suo il frontman David Fremberg non fa altro che confermare quanto di buono fatto finora, sfoderando una prestazione da urlo. La sua voce, duttile, espressiva e calda, riesce ad adattarsi perfettamente a tutti i cambi di atmosfera.
Inaugurato dalla breve e intensa “Preempitive Strike”, esempio lampante dell’irrobustimento del sound di cui si parlava qualche paragrafo fa, “Manifest of Tyranny” è un susseguirsi di tracce capaci di coinvolgere fin dal primo ascolto. Le strutture snelle e le melodie catchy di “Lies R Us”, il metal tecnico robusto e spigoloso di “Play Dead” e “Stay Unaware”; le divagazioni strumentali della fenomenale suite “False Flage” e, ancora, le malinconiche note di “Go Back to Sleep”, “Survival of the Richest” e “Chosen by God” potranno soddisfare anche il palato più esigente. L’eleganza formale rimane in ogni caso una delle caratteristiche fondamentali dell’opera, che esprime raffinatezza in ogni sua nota.
Allo stesso modo non potrete rimanere indifferenti dinnanzi alle sperimentazioni dal sapore elettronico dell’ottima “Asylum”, uno degli episodi più riusciti dell’intera tracklist. Ciò che veramente stupisce di questo album non è tanto la semplice gradevolezza d’ascolto, quanto più la persistenza di cui esso gode: le numerose sfaccettature che compongono il sound finale infatti, farà apparire il disco fresco e piacevole anche dopo un elevato numero di ascolti, potete starne certi.
Più si va avanti con gli ascolti e più ci si accorge che taluni brani risultano più trascinanti degli altri. Nella fattispecie “Survival of the Richest” e “False Flag” rappresentano le vette qualitative più elevate dell’intera tracklist. La prima, con le sue atmosfere dimesse, ricorda i Pain of Salvation dei bei tempi andati: la parte introduttiva del pezzo è dominata da continui scambi tra chitarra e piano mentre la seconda si presenta decisamente più ritmata. Il lavoro di batteria conferisce il giusto dinamismo e la voce di David incornicia la canzone, caricandola di pathos.
“False Flag” si muove invece su territori assai diversi ed è il vero e proprio punto focale dell’album. Durante i suoi 9 minuti e 38 secondi, la track mostra tutte le diverse anime degli Andromeda: si assiste infatti ad una continua alternanza tra passaggi tirati e altri più d’atmosfera. In quest’occasione i ragazzi danno sfoggio della loro preparazione tecnica, infarcendo il brano con lunghe sessioni strumentali di gran pregio, che arricchiscono il risultato finale.
A impreziosire ulteriormente “Manifest Of Tyranny” ci pensano anche i testi scritti Fremberg che si focalizzano sull’uomo e sulla sua vita, ovvero non-vita, vista con distacco come lui sa fare. Si tratta di una lucida riflessione sulla situazione socio-economica attuale, dettagliata, a volte quasi arrendevole, in cui spesso si percepisce rancore e frustrazione. Le dure critiche del frontman non sono sempre generiche: talvolta infatti vengono tirate in ballo nei testi personalità ben precise, come per esempio Barak Obama in False Flag, in cui viene irriso in modo quasi febbrile il suo premio Nobel per la pace.
Indipendentemente dal fatto che il messaggio portato dai testi di Fremberg sia condiviso o meno da chi lo ascolta, una cosa è certa: dietro a questi brani c’è un lavoro di ricerca e di documentazione certosino e sicuramente questo va dato atto all’autore.
A impreziosire il tutto il lavoro del combo svedese vi è una produzione davvero azzeccata, che esalta a dovere i suoni, rendendoli corposi e potenti al punto giusto, rendendo giustizia alla prestazione tecnica offerta dal complesso. Gli Andromeda, nemmeno a dirlo, raggiungono livelli di eccellenza mostrando i musicisti precisi e puntuali come un orologio svizzero e affrontano con imperturbabile sicurezza anche i passaggi più ostici.
Gli Andromeda, ancora una volta, confezionano un album di qualità superiore, ricco di sfaccettature e sfumature, che non mancherà assolutamente di stupirvi e ammaliarvi. Se quello che cercate è un lavoro raffinato, potente e, soprattutto, originale, non fatevi scappare “Manifest of Tyranny”, ne rimarrete soddisfatti.
Emanuele Calderone
Tracklist:
01- Preempitive Strike
02- Lies ‘r’ Us
03- Stay Unaware
04- Survival of the Richest
05- False Flag
06- Chosen by God
07- Asylum
08- Play Dead
09- Go Back to Sleep
10- Antidote
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